Pietro Rinaldi è uno scrittore di successo che ha smesso di scrivere e ormai, vedovo e stanco della vita, medita il suicidio. La morte improvvisa della figlia e del genero, in un incidente stradale, lo costringe a riallacciare i rapporti con Mattia, il nipote adolescente, che lo conosce appena e nemmeno lo chiama nonno. L’uomo però non pare intenzionato a prendere il ragazzo con sé e decide di accompagnarlo dallo zio paterno – che li aspetta sul suo yacht con moglie e figlie – perché se ne prenda cura al suo posto. Nonno e nipote si ritrovano così ad affrontare un lungo viaggio per le campagne del sud Italia e così, tra litigi ed imprevisti, i due hanno occasione per conoscersi meglio…
Presentato in anteprima al Festival di Giffoni, il film d’esordio di Gianni De Blasi, per la prima volta alla regia di un lungometraggio, è un road movie famigliare – genere che ha diversi precedenti nella recente cinematografia nostrana – decisamente godibile e pieno di buone intenzioni che in fin dei conti si concretizzano positivamente, grazie ad una progressione narrativa ben dosata.
La posta in gioco, lo si capisce fin dalle prime scene, è decisamente alta: due solitudini, così vicine per parentela ma così lontane per vita vissuta, si incontrano (e si scontrano) e la ricerca di una famiglia per il giovane Mattia diventa la ricerca anche del nonno che insieme alle relazioni – quelle vere, che danno un senso alle cose – deve ritrovare anche la voglia di vivere.
Questo percorso personale e relazionale, è reso particolarmente coinvolgente dalla costruzione di un certo pathos, con delicatezza, tramite la regia (curata) ma anche e soprattutto tramite le emozioni che emergono della recitazione (molto bravo anche il giovane protagonista), con Abatantuono alle prese con un ruolo insolitamente drammatico, tra cinismo e una mal celata tenerezza.
Come dicevamo, la storia – libero adattamento dell’omonimo romanzo di Lorenzo Licalzi – è molto drammatica, soprattutto all’inizio, per i temi e il mood generale del racconto, con la morte grande protagonista delle prime scene, ma poi si alleggerisce, aprendosi alla vita e alla speranza di nuove felici prospettive per entrambi i protagonisti.
Fra tutte, la più grande qualità del film è proprio l’aver imbroccato il tono del racconto, perché valorizza la sceneggiatura e anche, come già accennato, la vena espressiva degli attori, che mettono in scena al tempo stesso entusiasmo e tristezza, chiusura e apertura alla vita e a quello che ha da offrire: una complessità che permette di raccontare le sfaccettature di una vicenda decisamente drammatica senza però scivolare mai nel tragico o nel melodrammatico, anzi, lasciando spazio anche a qualche scena più divertente.
I due personaggi principali, del resto, sembrano idealmente come le due facce di una stessa personalità perché, nonostante la differenza anagrafica, hanno un approccio simile alla realtà: rassegnato e stanco l’anziano Pietro, molto arrabbiato (e anche un po’ impaurito) il giovane Mattia, fondamentalmente infelici entrambi. Proprio la tristezza e il combattimento contro di essa, è infatti l’altro grande tema della storia: piccolo spoiler, alla fine i nostri eroi paiono uscire vincitori.
Gabriele Cheli
Tag: 4 stelle, Commedia, Drammatico, Film Italiani