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Volveréis – Una storia d’amore quasi classica


TITOLO ORIGINALE: Volveréis
REGISTA: Jonás Trueba
SCENEGGIATORE: Jonás Trueba, Itsaso Arana, Vito Sanz
PAESE: Spagna
ANNO: 2024
DURATA: 115'
ATTORI: Itsaso Arana, Vito Sanz, Fernando Trueba
SCENE SENSIBILI: nessuna
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Dopo quindici anni di relazione, Ale ed Alex, rispettivamente una regista e un attore, vogliono lasciarsi, ma prima di farlo decidono di seguire una massima del padre di Ale, il quale diceva che non vanno festeggiate le unioni, ma le divisioni e per questo organizzano una “festa della separazione” in grande stile, con tanto di abiti eleganti e musica dal vivo. Amici e parenti rimangono disorientati e basiti di fronte a questa idea bizzarra, ma Ale ed Alex proseguono sulla loro strada.

 

Una commedia romantica ribaltata

 In Italia c’è spesso la tendenza, quando il titolo non può essere tradotto, ad aggiungere un sottotitolo, per far capire a quale genere il film appartenga. Una storia d’amore quasi classica. Eh già, perché le caratteristiche di questa strana vicenda sono quelle tipiche di una storia d’amore all’apice della sua intensità; peccato che qui non si stia parlando di matrimonio, ma di separazione. Ale ed Alex ci appaiono come una coppia in perfetta sintonia, mai litigiosi, quasi sempre d’accordo, uniti sia nella vita privata, sia nella vita professionale (Alex, lui, recita nel film diretto da Ale, lei), ma per una ragione mai ben definita, stanno decidendo di separarsi. Il loro piano è quello di cercare le rispettive nuove case insieme, scegliere pacificamente come dividersi le loro cose e a compimento del tutto, organizzare un tipico ricevimento matrimoniale, che però sancirà la chiusura ufficiale del loro rapporto. Insomma Volveréis – che tradotto in italiano significa “tornerete insieme”, frase che spesso i protagonisti si sentono dire dai parenti e dagli amici – recupera, ribalta e, in un certo senso, prende in giro tutte le love story cinematografiche a cui siamo abituati. Jonas Trueba, sceneggiatore e regista del film, propone un percorso all’inverso rispetto a quello delle commedie sentimentali -le quali normalmente procedono dall’innamoramento al fidanzamento, se non addirittura fino al matrimonio-, nel tentativo di raccontarci forse, una nuova pagina del genere romantico; un nuovo inizio per entrambi i protagonisti del film, sul cui finale è lasciato ampio margine interpretativo.  Inoltre, qua e là, in questa strana commedia, il regista scherza sui cliché relativi alla durata dei rapporti di coppia; alcuni personaggi dicono proprio che l’amore non dura per sempre o che prima o poi, capita di lasciarsi. Eppure, quello che vediamo, è che i due protagonisti, pur convinti nel volersi lasciare, si comportano come i coniugi migliori: si ascoltano, si aspettano, si vengono incontro, piangono insieme e si consolano vicendevolmente. Perché, forse sì, la sicurezza degli inizi viene meno, ma l’affetto di chi si conosce nel profondo, anche nelle difficoltà che la vita porta con sé, non si perde mai davvero.

 

L’amore nella teoria di Kierkegaard

Come dicevamo sopra, l’interpretazione finale del Volveréis è lasciata ampiamente allo spettatore. Non è per nulla facile comprendere l’esatta direzione del film, perché si alternano continuamente sequenze narrative classiche e sequenze metatestuali (si pensi al fatto che più volte ci viene fatto credere che la storia che stiamo guardando, in realtà sia il film a cui Ale ed Alex lavorano). Tanti dialoghi, tante citazioni rallentano il ragionamento dello spettatore che ricerca il senso ultimo di quello a cui sta assistendo. Tuttavia, c’è un passaggio che può esserci utile per far tornare i conti. Quando Ale va da suo padre (interpretato da Fernando Trueba, padre di Jonas, regista del film) ad annunciargli la festa della separazione, questi le dà da leggere La ripetizione di Kierkegaard. Di tutto il trattato del famoso filosofo, si fa riferimento a un passo specifico: “L’amore della ripetizione è in realtà l’unico amore felice perché non comporta, come l’amore del ricordo, l’inquietudine della speranza, né l’angosciosa fascinazione della scoperta, nemmeno la tristezza malinconica del ricordo. La peculiarità dell’amore della ripetizione è la beata sicurezza del momento”.  E sempre il papà di Ale, le racconta come in Mauritania sia una consuetudine comune quella di lasciarsi e risposarsi decine di volte nell’arco di una vita. Sta forse tutta qui l’interpretazione finale di Volveréis: la fine del rapporto tra Ale ed Alex non è la triste conclusione di un percorso, ma la ripartenza di una fase nuova; la loro festa di separazione è invero un secondo matrimonio, un rilancio al loro futuro insieme, il quale forse avrà una seconda conclusione, poi una terza partenza. Insomma, un amore vivo, continuamente nuovo. Un invito, per chi lo sa cogliere, a non focalizzarsi sempre su ciò che era e che sarà, ma a vivere sempre e solo il dono prezioso del presente.

 

Riccardo Galeazzi

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