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2 giorni a New York


TITOLO ORIGINALE: 2 Days in New York
REGISTA: Julie Delpy
SCENEGGIATORE: Julie Delpy, Alexia Landeau, Alexandre Nahon
PAESE: Germania, Francia, Belgio
ANNO: 2014
DURATA: 96'
ATTORI: Julie Delpy, Chris Rock, Albert Delpy, Alexia Landeau, Alexandre Nahon, Dylan Baker, Vincent Gallo
SCENE SENSIBILI: Turpiloquio, dialoghi a sfondo sessuale
1 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 5

Marion, di professione fotografa, vive a New York col compagno Mingus e i rispettivi figli, avuti da storie precedenti. La loro relazione ordinaria e serena è destinata a essere sconvolta dall’arrivo, in occasione dell’ultima mostra fotografica di Marion, della sua eccentrica e disinibita famiglia. Mingus sulle prime si mostra volenteroso e ben disposto a fare amicizia con i parenti di Marion, ma tra volgarità, nonsense e attacchi di pura isteria comincia ad accusare un certo disagio, al punto da chiedere alla compagna di liberarsi di loro. Ed è proprio quando anche Marion sembra essere esausta e nauseata della loro presenza, che ella riscopre tutto il valore della propria famiglia originaria.

Stereotipi banali e già visti

Sequel del più riuscito 2 Giorni a Parigi, 2 Giorni a New York mette in primo piano gli stessi luoghi comuni sul popolo francese e su quello americano già mostrati nell’opera precedente. E lo fa, purtroppo, rincarando ancora di più la dose di volgarità e appiattendo maggiormente gli spunti di originalità della storia. I ritratti che emergono sono quanto di più stereotipato possa venire in mente: i francesi come al solito si confermano ossessionati dal sesso, feticisti, maleducati e sognatori (per non dire estraniati dalla realtà). Gli americani, invece, sono ossessionati dal lavoro e dal successo, mitizzano Obama, e sono irrimediabilmente pragmatici (emblematica la scena in cui Marion mette all’asta la sua anima per pagare la baby sitter). 

Cosa crea una famiglia?

La si potrebbe definire una commedia a gestione “familiare”, visti i gradi di parentela tra gli attori e i molteplici ruoli che gli stessi rivestono. Jeannot (Albert Delpy) e Marion (Julie Delpy), infatti, sono padre e figlia nella storia come nella realtà. Non solo: Julie Delpy è anche regista e sceneggiatrice, mentre la sorella di Marion e il suo compagno Manu (Landeau e Nahon) vestono sia i panni di attori che quelli di cosceneggiatori. La famiglia, inoltre, riveste un ruolo di primo piano non solo esternamente, ma anche internamente alla storia, al punto da risultare la vera protagonista. L’intero film infatti è un elogio della famiglia, ma un elogio imperfetto, poiché parziale. Il modello proposto non è tanto quello tradizionale, quanto quello moderno di “famiglia allargata”, dove trovano posto figli di primo e secondo letto, nonni, zii e cugini sia naturali sia acquisiti. E se pure è vero che la famiglia è un organismo vivo ed elastico, non è altrettanto vero che tutto vada bene e tutto possa funzionare purché ci sia l’affetto. 

Esagerato ai limiti del reale

Ma i punti di debolezza di questo film non vanno ricercati solo a livello tematico. Per quel che riguarda infatti il tono della storia, la caratterizzazione dei personaggi e i dialoghi, si possono descrivere con un solo aggettivo: esagerati. Tutto è sopra le righe, tanto da sfociare nell’esasperazione. Esagerato è l’umorismo, che troppo spesso sconfina nel triviale, ma anche l’ingenuità, che in molte occasioni toglie verosimiglianza alla storia. Esasperati sono i personaggi, più caricature che persone, e le situazioni, che rasentano il paradosso. Esasperata, soprattutto, è l’immagine del sesso che si vuole restituire. Se la famiglia, infatti, è la protagonista della vicenda a livello concettuale, il sesso lo è nella pratica. Va bene che, da Woody Allen in poi, siamo abituati a questo tipo di comicità. Ma se non si sa dosare sarcasmo e ironia, e non si lascia mai niente all’immaginazione, quel che ne risulta è un’alchimia di parolacce e doppi sensi gratuiti, e invece che le risate dello spettatore, si ottiene piuttosto un senso di nausea e imbarazzo. E tanti, tanti, sbadigli.

Scegliere un film 2014

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