Bruno è un uomo di mezza età, divorziato da diversi anni, che fatica sempre più a capire la figlia Emma. In una situazione già complicata, un giorno, Bruno riceve la telefonata del centro di salute mentale in cui è ricoverata la ex moglie, Terry, la quale, poco tempo dopo la loro separazione, aveva dato forti segni di squilibrio. Ora Terry ha terminato il percorso riabilitativo e può tornare nel mondo. Tuttavia, per rendere graduale il suo reinserimento, la psichiatra del centro chiede a Bruno di ospitarla a casa sua e di sua figlia, per un periodo di prova di 30 giorni. Bruno, spinto da Emma, non può far altro che accettare e da quel momento la vita della famiglia subirà un forte terremoto.
Bruno e Terry hanno due personalità opposte: lui rigido, metodico, pragmatico, previdente. Lei libera, sempre sorridente; i più giovani direbbero che segue il flow, si lascia trasportare dalla vita senza pretese, senza troppi piani. Eppure, un tempo, questi due opposti erano sposati e si amavano davvero, tanto da aver voluto una figlia. La vita però, con il lavoro sempre più soffocante di lui e, soprattutto, il crescente disagio mentale di lei, li ha messi a dura prova e alla fine, la coppia si è rotta. Si è rotta come il piatto che all’inizio del film si frantuma in mille pezzi e che poco dopo si ricompone con la famosa tecnica giapponese del Kintsugi che prevede di rimettere insieme i cocci ed evidenziarne le giunture con una polvere d’oro. Normalmente, quando si rompe qualcosa, si tende a buttarla, mentre, secondo la cultura giapponese, le rotture impreziosiscono l’oggetto perché ne enfatizzano la storia e l’esperienza. Gli oggetti rotti e scartati che Terry porta a casa e che trasforma in improbabili opere d’arte diventano il simbolo della tenacia della coppia nel rimettersi insieme nonostante le difficoltà. Per farlo – e questo il film lo racconta molto bene attraverso simpatiche scene di commedia – è necessario venirsi incontro, trovare un punto di equilibrio tra i due opposti che si attraggono.
Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti incarnano alla perfezione i due antipodi della coppia, riuscendo con grande successo sia nelle scene in commedia, sia in quelle drammatiche. 30 notti con il mio ex è una commedia drammatica che racconta la crisi di coppia e il disagio mentale con il sorriso. Il suo senso, se così si può dire, è che, per quanto possa essere difficile e complicata la situazione, c’è sempre il modo di rimettere insieme le cose. In un tempo incerto come il nostro, costantemente bombardato di cattive notizie, è di questi film “promotori di speranza” che il pubblico ha bisogno. Tuttavia, pur nella sua buona intenzione, la pellicola affronta il tema complesso dei disturbi psichici ricorrendo qua e là a stereotipi e purtroppo, talvolta, risolve situazioni difficili con una esagerata leggerezza. La pecca della sceneggiatura di Nicoletta Michele e Guido Chiesa, ispirata al film spagnolo Turbo, è proprio questa: le scene si susseguono con un movimentato su e giù emotivo, che corre a un finale prevedibile, forse senza averlo preparato nel modo migliore.
Riccardo Galeazzi
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