A Parigi Franck Lazarev, operaio su fune a Notre Dame e sua moglie Léo, incinta di otto mesi, conducono una vita tranquilla, ma un gruppo di uomini armati e mascherati della polizia francese, li aggredisce e sequestra. Un lungo flashback rivela che i due coniugi sono ex agenti del GIGN, le forze speciali della Gendarmerie Nationale, e che lui da qualche mese è stato espulso dopo un intervento nell’hotel “Trianon Palace” costato la vita, non solo a due presunti ladri, ma anche al suo miglior amico e collega Nico che lascia moglie e due figli piccoli. Logorato dal senso di colpa, Franck risale alla reale identità dei due malviventi uccisi: erano uomini dei servizi segreti francesi e lui riesce ad ottenerne una prova inconfutabile attraverso un reperto con il dna di uno dei due. Se si scoprisse che la Francia stava cercando di sabotare una missione della Cia, svelerebbe un intrigo di Stato con gravissime conseguenze. Franck è ricattato dagli uomini del Governo che hanno in pugno sua moglie. La uccideranno facendo ricadere la colpa su di lui. Non resta che provare l’impossibile, una lunga sparatoria e una scia di sangue fino al pronto soccorso di maternità dove Franck riesce a portare Léo in procinto di partorire, prima di essere arrestato.
Ad Vitam si presenta come un action–thriller intenzionato ad inserirsi nel solco assai collaudato negli Stati Uniti, basti pensare ad un titolo come Il fuggitivo del 1993, capostipite di molti altri. Notevoli sono le sequenze di inseguimento (in auto, in moto, perfino in deltaplano a motore), con raro uso di controfigure che rende la fruizione gradevole per appassionati di quella dose di adrenalina che appartiene al genere. Più carente è la trama thriller che distribuisce i tasselli del giallo in modo un po’ caotico e fugace e lascia un velo di insoddisfazione in chi è abituato a seguire il dettaglio dell’intreccio. In effetti l’intrigo internazionale che il protagonista avrebbe la possibilità di svelare è solo in parte accennato e poi affidato ad una conoscenza sommaria che tralascia di farci ricostruire la posta in gioco della vicenda con chiarezza.
Il motto “Ad Vitam” – scritto dal padre di Franck sul retro dell’omerale della GIGN a cui lui stesso apparteneva – e che il figlio eredita al momento del suo ingresso nel reparto speciale – è un obbiettivo con più significati: vuol dire devozione per la vita del padre che Franck ha voluto seguire, vuol dire l’onere di fare i conti col passato e il peso per la morte dell’amico e infine indica la meta e il desiderio di diventare padre (la moglie è felicemente incinta all’ottavo mese) e ottenere, contro ogni speranza, che Léo riesca a partorire sana e salva. Si capisce come tutta questa componente emotiva prevalga largamente riguardo ai tasselli di giallo che vengono solo accennati e sono funzionali ad una trama che in termini strettamente di svolte lascia un poco a desiderare.
Ad Vitam è una delle prime produzioni Netflix europee del 2025 e si caratterizza per vedere in Guillaume Canet il suo grande artefice in qualità di interprete, cosceneggiatore e produttore. In effetti tutto il film è incentrato sul suo fascino attoriale e la sua capacità di performance anche in scene di solito affidate a stuntman e se questo è un elemento di sicuro valore, non si può trascurare il fatto che le lunghe sequenze dedicate a inseguimenti e sparatorie risultano un po’ come un esercizio di stile fine a sé stesso che non induce alla piena immedesimazione un pubblico come quello attuale già molto assuefatto a questo genere di scene. In tale contesto anche nei dialoghi si sarebbe potuto osare un poco di più mentre essi, soprattutto nei momenti di maggiore concitazione, rischiano di risultare piuttosto stereotipati. In sostanza riconosciamo al film francese un livello tecnico-qualitativo che difficilmente avremmo potuto ottenere in Italia, ma ancora lontano dal modello statunitense a cui ambisce.
Giovanni Capetta
Tag: 3 stelle, Animazione, Drammatico, Film Francese, Giallo, Poliziesco, Thriller