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American Fiction


TITOLO ORIGINALE: American Fiction
REGISTA: Cord Jefferson
SCENEGGIATORE: Cord Jefferson
PAESE: USA
ANNO: 2023
DURATA: 117'
ATTORI: Jeffrey Wright, Sterling K. Brown e Adam Brody
SCENE SENSIBILI: nessuna
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Thelonious “Monk” Ellison è afro-americano, professore universitario di letteratura inglese e autore rispettato. Tuttavia nessun editore vuole pubblicare il suo ultimo romanzo perché “non è abbastanza nero”. La frustrazione è alta: Monk si guarda intorno e vede che il concetto venduto di “nero” è un’immagine stereotipata degli afro-americani fatta di miseria, ignoranza e violenza. Stufo, decide di fare uno scherzo: sottopone un romanzo “nero” sotto le mentite spoglie di un latitante. Dovrebbe essere una burla… ma con suo disappunto tutti lo vogliono pubblicare.

Nero come la finzione

È sorprendente che American Fiction racconti quello che racconta; ed è anche più sorprendente che Hollywood abbia saputo dargli un tale riconoscimento agli Oscar. Perché l’anima del film è una critica caustica proprio allo spirito politicamente corretto americano, in special modo nella rappresentazione della comunità nera.
Ciò che lamenta Thelonious “Monk”, il protagonista, è che agli americani e al mondo non interessi davvero cosa significhi “essere nero”. Quello che essi vendono e comprano è uno stereotipo sopra e sotto le righe, offensivo e deleterio, che viene spacciato come “più vero” della verità stessa.
È la “fictionalizzazione” (la distorsione narrativa) della realtà. In questo aspetto il film tocca le corde di altre pellicole più o meno celebri, quali Vero come la finzione (titolo originale Stranger than Fiction), The Truman Show, Ruby Sparks e tanti altri. Ma se tutti questi film hanno affrontato il tema del contrasto tra verità e ideologia in termini esistenziali, generici o macrotematici, American Fiction è il primo invece a inoculare questa medicina amara in un vespaio tematico come la rappresentazione razziale.

Film a due corsie

È audace, indubbiamente; e anche intelligente nella sua esposizione. Infatti mentre da una parte il film ci mostra ironicamente il suo eroe, professore universitario di letteratura inglese, vestire i panni di Stagg H. Leigh, uno zotico criminale del ghetto, per essere accolto a braccia aperte dall’editoria e dal cinema, dall’altra vediamo invece la vita privata e “normale” di Monk.
È proprio una contrapposizione, una strada a due corsie narrative, due diversi modi di guardare la realtà. Un contrappunto tra cosa significhi essere neri oggi in America contro quello che spacciano in televisione.
Se bisogna indicare un difetto del film, è che la vita privata di Monk rallenta il ritmo della storia. Mentre fremiamo per vedere cosa accadrà nell’avventura editoriale di Stagg, il film si “attarda” in un racconto minimale di conflitti familiari e affettivi, con un lutto in casa, una madre malata di Alzheimer, un fratello gay dipendente da droghe e la relazione di Monk con una donna sposata.
E c’è da chiedersi se qui il film si mostri più debole, oppure proprio per questo più forte… perché parrebbe quasi dare ragione ai detrattori: il pubblico ha pagato il biglietto per vedere l’assurdo, non il quotidiano; perché la finzione è più interessante della realtà. Difetto di sceneggiatura, dunque, o colpo di genio?

Guastare la verità

Comunque sia il film nel complesso rimane tutto fuorché noioso. Vincono una scrittura vivace, personaggi “autentici” e dialoghi sentiti. L’Oscar alla miglior sceneggiatura è pienamente meritato, sia per il tema trattato che per come il film lo sviluppa.
È facile infatti lanciare una grande provocazione e tuttavia poi svilirla in un discorso poco serio. American Fiction invece tiene alto il tono, avendo la lealtà di mettere in discussione il suo stesso eroe e la pretesa che si nasconde dietro il suo sdegno. Alla fine di questa commedia dolce-amara, infatti, anche Theolonious maturerà, sebbene in un finale più amaro che dolce.
Perché quando la verità viene a galla, da sola non basta mai; sarà sempre necessario guastarla con la finzione.

Alberto Bordin

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