SCEGLIERE UN FILM

Anche io


TITOLO ORIGINALE: She Said
REGISTA: Maria Schrader
SCENEGGIATORE: Rebecca Lenkiewicz
PAESE: USA
ANNO: 2022
DURATA: 129'
ATTORI: Carey Mulligan, Zoe Kazan, Patricia Clarkson e Ashley Judd
SCENE SENSIBILI: riferimenti alla violenza sessuale
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Il 5 ottobre 2017 il New York Times pubblica un articolo di inchiesta, intitolato “She said”, in cui il famoso produttore cinematografico e fondatore della Miramax Harvey Weinstein viene accusato di aver molestato sessualmente numerose attrici e dipendenti della sua azienda e di aver tentato di metterle a tacere mediante transazioni finanziarie e accordi sottobanco. Il film racconta il lungo processo che ha portato alla stesura dell’articolo e le difficoltà per le due giornaliste che l’hanno scritto – Jodi Kantor e Megan Twohey – di superare il muro di omertà che proteggeva Weinstein e di spingere le vittime a farsi avanti per testimoniare.

La miccia che ha innescato il movimento del #MeToo

Il 2017 verrà sicuramente ricordato anche come l’anno della nascita del #MeToo, un movimento femminista contro le molestie sessuali subite dalle donne in svariate situazioni quotidiane e soprattutto sul luogo di lavoro. La miccia che ha innescato il movimento va sicuramente ricercata nella pubblicazione dell’articolo di Kantor e Twohey, che ha avuto il merito di ridare voce a tutte quelle donne a cui, come ricorda nel film una delle vittime di Weinstein, la voce era stata rubata e proprio nel momento in cui erano “sul punto di cominciare a trovarla”.
Anche io ricostruisce in modo preciso e puntuale le indagini svolte dalle due giornaliste del New York Times, la ricerca delle testimoni e la loro resistenza a parlare, causata da motivi più disparati: la paura, la vergogna, il senso di colpa, gli accordi di riservatezza che le vincolavano al silenzio (vietando loro persino di potersi rivolgere a uno psicologo senza previa approvazione da parte dei legali della Miramax), senza considerare la terribile solitudine provata delle vittime, che non si capacitavano che potessero esistere altre donne nella medesima situazione.

Prima di trovare qualcuno disposto a testimoniare, Kantor e Twohey ricevono moltissime porte chiuse in faccia. Ma non demordono, convinte che occorra soltanto trovare un innesco: basterà che anche solo una donna accetti di parlare e le altre seguiranno. Ed è quello che effettivamente accade, nonostante il serratissimo apparato di protezione innalzato a difesa di Weinstein dalla sua società e da una fittissima schiera di legali.

Il resoconto rigoroso del dietro le quinte del giornalismo d’inchiesta

Il film è anche un affresco molto interessante dell’immenso lavoro che c’è dietro un articolo di denuncia di questo tipo. Un lavoro che dura mesi, che richiede viaggi in giro per il mondo alla ricerca di prove e testimoni, notti insonni trascorse in ufficio, nonché la rinuncia alla propria vita privata in cambio della stesura di poche colonne, convinti che quelle righe abbiano però il potere di cambiare le cose.
Data la carica emotiva e drammatica fortissima della storia che racconta, il film adotta un approccio rigoroso e quasi documentaristico, evitando ogni elemento narrativo “di contorno” (se non qualche breve riferimento alla vita privata e famigliare delle due giornaliste, che ricevono il supporto dei mariti nella complicata gestione domestica durante la stesura dell’articolo e che non possono fare a meno di interrogarsi sulle difficoltà di crescere delle figlie femmine, specie dopo essere entrate in contatto con una storia di questo tipo).
Molto interessante, inoltre, è la scelta della regista di non mettere in scena l’abuso, ma di suggerirlo attraverso immagini eloquenti di corridoi d’albergo deserti, vestiti gettati alla rinfusa su un pavimento, acqua che continua a scorrere senza fine sui vetri di una doccia. Anche Weinstein viene mostrato in scena soltanto una volta, e di spalle, mentre la camera si concentra sulle reazioni che passano sul volto di Twohey (interpretata da Carey Mulligan) mentre ascolta le sue parole. Quasi che la regista rifiutasse di conferire ulteriore spazio a un potere intimidatorio troppo a lungo esercitato.

Cassandra Albani

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