SCEGLIERE UN FILM

Blancanieves


TITOLO ORIGINALE: Blancanieves
REGISTA: Pablo Berger
SCENEGGIATORE: Pablo Berger
PAESE: Spagna
ANNO: 2012
DURATA: 104'
ATTORI: Maribel Verdú, Macarena García, Daniel Giménez Cacho, Ángela Molina, Inma Cuesta
SCENE SENSIBILI: nessuno.
1 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 5

Rivisitazione della nota fiaba con un’inedita Biancaneve torera in una Spagna in bianco e nero nello stile dei film muti anni Venti.

Una storia di passioni e illusioni, tra flamenco e corrida

Il progetto di Pablo Berger, nato persino prima del successo planetario di The Artist (con cui condivide l’idea di “rifare” un film muto), aggancia anche il revival delle fiabe che ha invaso piccolo e grande schermo negli ultimi anni, ma innestandolo profondamente e creativamente nel tessuto culturale spagnolo e trasformando una favola a lieto fine (per quanto potenzialmente gotica, come dimostrò anche Walt Disney) in una tragedia di passioni, illusioni e morte.

Flamenco e corrida, quindi, come tratti caratterizzanti sia del racconto sia dello stile visivo e musicale, ma non solo. Carmen, rimasta orfana di madre alla nascita, è la figlia di un famosissimo matador, Antonio Villalta, rimasto paralizzato nello scontro con un toro proprio il giorno della nascita della figlia e della conseguente morte della moglie. Il dolore è troppo grande e così la bambina cresce inizialmente lontana dagli occhi paterni. Dopo la morte della nonna, Carmen raggiunge finalmente la casa di Antonio, ma diventa vittima della matrigna Encarna, ex infermiera, dark lady dai gusti sessuali ambigui, che ha circuito il padre per prendere poi possesso dei suoi beni.

La fiaba tragica di una bella smemorata

La bambina cresce doverosamente maltrattata con l’unica compagnia di un vivace galletto, ma riesce fortunosamente a recuperare il rapporto con il padre, ormai un malinconico paralitico, che ritrova però la gioia di vivere proprio dalla bambina.

Così, di nascosto da tutti, Carmen acquisisce da lui i rudimenti della nobile arte dello scontro con i tori. L’armonia ritrovata, naturalmente, non può durare e raggiunti i fatidici diciotto anni, più per questioni di eredità e di corna che di competizione in bellezza, la poverina scampa a fatica al tentativo di eliminazione da parte della matrigna…

Smemorata, ma sempre bellissima, diventa compagna di avventure di un gruppo di nani girovaghi (e non tutti così simpatici…) che proprio in onore della fiaba le danno il nome di Biancaneve. Ma l’eredità non si dimentica e, scoperta la bravura della bella smemorata con tori e drappo rosso, i nani la avviano a ripetere i fasti della gloria paterna. Ma il destino (e una mela avvelenata) sono in agguato… e nella Spagna degli anni Venti non passano purtroppo tanti principi come nel mondo delle fiabe.

Un melodramma iberico tra corride, cliché e magia cinematografica

La vicenda, come si vede, inanella lutti, tradimenti e amori infelici (il più poetico e sfortunato quello di uno dei nani per la protagonista) e sfrutta al meglio l’aspetto scenografico e spettacolare delle corride per alzare la temperatura dei sentimenti, puntando a valorizzare soprattutto i legami familiari (con la nonna, con il padre paralizzato, con la madre morta e rievocata tramite la voce incisa sui dischi), straziati dalle disgrazie e dal maligno intervento di una matrigna che più cattiva non si può.

Tutta la storia è caricata di un tono melodrammatico ed estremo che ha fatto la fortuna di tanto cinema iberico e mette a frutto senza vergogna i cliché di vari generi cinematografici mescolandoli con quelli della fiaba e stravolgendoli. Dal punto di vista stilistico le citazioni, anche bunueliane, si sprecano e faranno la gioia dei cinefili (il film, peraltro, si è portato a casa in patria tutti i premi possibili ed era il candidato spagnolo per gli Oscar).

Il racconto, comunque, pur con qualche apertura squisitamente fiabesca (tutto il plot legato al povero galletto tanto amato da Biancaneve), è piuttosto noir, fatto di emozioni e sentimenti indirizzati e leggibili più da un pubblico adulto che da quello dei bambini, così come “adulta” può essere letta la scelta di un finale malinconico e antifavolistico.

The show must go on e nella terra di Don Chisciotte, dove i giganti sono in realtà mulini a vento, la resurrezione donata dal bacio del vero amore non può che essere il sogno impossibile (ma eternamente ripetibile a beneficio del pubblico) di chi continua ad amare senza speranza sullo sfondo di un circo di freaks che ha la malinconica poesia di tanto cinema del passato.

Scegliere un film 2014

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