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Cattive acque

Cattive acque


TITOLO ORIGINALE: Dark Waters
REGISTA: Todd Haynes
SCENEGGIATORE: Mario Correa e Matthew Michael Carnahan dall’articolo di Nathaniel Rich
PAESE: Usa
ANNO: 2019
DURATA: 126'
ATTORI: Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Bill Camp, Tim Robbins, Bill Pullman, Victor Garber
SCENE SENSIBILI: alcune scene di forte tensione e di violenza
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Rob Bilott è appena diventato socio di grosso studio di avvocati che segue le cause per grandi imprese quando Wilbur Tennant, un agricoltore proveniente dalla sua cittadina d’origine viene a chiedere il suo aiuto. Vuole fare causa alla Du Pont, una grande azienda di chimica, che sta uccidendo le sue mucche con le sostanze tossiche che scarica del torrente che costeggia la sua proprietà. Accettando, quasi controvoglia, quell’incarico Rob non sa di essere all’inizio di un lunghissimo percorso che lo porterà a scoperchiare pericoli gravissimi per tutta la gente di Parkersburg, ma anche a mettere a rischio la sua famiglia e la sua salute mentale e psichica.

Un’umanità schiacciata dal peso delle corporation

Nella tradizione del cinema di denuncia americano (che ha tra i suoi esempi più recenti e di successo un’altra pellicola interpretata sempre da Mark Ruffalo, Spotlight) il film di Todd Haynes (Lontano dal paradiso, Carol) Cattive acque è una pellicola capace di raccontare una storia lunga più di dieci anni con un ritmo e un coinvolgimento che non vengono mai meno. Molto si deve alla bravura del suo interprete (e produttore) Mark Ruffalo che regala al suo personaggio un’umanità tormentata e una dirittura morale che guidano lo spettatore attraverso le insidie di un sistema legale che sembra far di tutto per tacitare i più deboli a vantaggio dei più forti.

Il prezzo della verità

Rob Bilott è un avvocato di talento (non a caso lo incontriamo proprio mentre viene accettato come socio del prestigioso studio dove lavora), ma anche un uomo di famiglia, attento a sua moglie e a suo figlio appena nato, molto chiaramente motivato anche da una fede vissuta. Non a caso la decisione di accettare la causa di Wilbur Tennant (in un momento in cui nulla gli converrebbe di meno) nasce da un imperativo interiore che è quello dell’aiutare il prossimo in difficoltà, costi quello che costi.
E il costo non sarà lieve, anche a livello personale. Anni di frustrazioni, riduzioni di stipendio, intimidazioni, di sacrificio del proprio tempo (che paga la famiglia, come a un certo punto gli rinfaccerà la moglie), che assorbono in modo sempre più totalizzante Rob. Eppure non c’è mai davvero un momento (nemmeno quando, come nella migliore tradizione del legal, viene sommerso dalle carte inviate dalla controparte per scoraggiarlo) in cui Rob pensi di abbandonare quella causa che non è un’astrazione, ma si legge nei volti della gente della cittadina dove è nato.
Intorno a Rob si muovono personaggi che si fanno ricordare grazie anche a interpreti di grande livello: da Bill Camp nei panni del tenace allevatore, a Tim Robbins in quelli del capo di Rob, severo, ma integro, e soprattutto Anne Hathaway, che interpreta Sarah, la moglie di Rob, senza la quale l’uomo non potrebbe portare avanti la sua battaglia. Non mancano gli scontri tra i due, ma la famiglia Billot è raccontata in un modo profondamente simpatetico, rendendo ragione della fede che ne è la radice e l’origine.

Uno scontro lungo 10 anni

Il ritratto di un’America dove le corporation fanno il bello e il cattivo tempo (del resto la battaglia per riconoscere la pericolosità del Teflon è ancora in atto), contrapposte non solo all’avvocato (moderno Davide contro Golia) ma anche alla massa della gente comune da cui emergono i volti di personaggi ben tracciati, è di quelli che colpiscono per la loro testarda sincerità.
Per chi ama il genere “processuale” non mancano le svolte, le intuizioni, le sconfitte e le vittorie, così come altrove Haynes è abile a costruire il crescente senso di paranoia del suo protagonista attraverso piccoli e ben dosati elementi, ma i meccanismi di genere non sopravanzano mai il peso e l’importanza della storia vera che sta dietro la pellicola, regalandoci un ottimo esempio di cinema capace di avere una rilevanza nel dibattito attuale senza perdere l’efficacia narrativa.

Scegliere un film 2020

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