Marvin Gable è un cordiale agente immobiliare la cui immagine è riprodotta sui tanti cartelli pubblicitari di Milwaukee. Ha appena meritato il premio come miglior venditore dal suo capo quando, il giorno di San Valentino, riceve un biglietto da una misteriosa Rose. Il tempo di realizzare che la donna sia ancora viva che un sicario tenta di ucciderlo nel suo studio. Marvin si difende con colpi micidiali e scopriamo che ha fatto parte di una banda di malavitosi capeggiata da suo fratello Alvin. Costui ha scoperto che Marvin tempo addietro ha risparmiato la vita all’avvocatessa Rose, colpevole di avergli rubato molto denaro e ora vuole vendicarsi con entrambi. Per salvare la sua vita e quella dell’amata Rose, Marvin è costretto a ritornare ad usare la sua incredibile abilità nelle arti marziali.
È chiaro l’archetipo a cui si rifanno gli autori definendo il protagonista come un uomo pacifico e amante del bene, costretto a tornare a combattere per difendere la donna amata e sé stesso dall’odio vendicativo degli avversari. L’intenzione è quella di compiere una commistione fra il film action e la rom-com, ma il risultato non è molto riuscito. Mentre le scene dei combattimenti sono curate nelle loro coreografie fin nel minimo dettaglio, quando i personaggi sono chiamati a interpretare i loro dialoghi la sensazione è quella di una giustapposizione forzata che si inserisce nel racconto senza fluidità. Resta, quindi, l’intenzione di trasmettere un messaggio edificante, ovvero che la gratificazione a cui l’uomo è chiamato è quella di vivere compiendo onestamente il proprio lavoro, che l’amore è più forte dell’odio e la violenza non paga, ma poi la forma lascia a desiderare e prevale nello spettatore la sensazione di uno sfoggio di varianti negli scontri di calci e colpi con i più disparati oggetti usati come armi, mentre evaporano i concetti che sono destinati a non fissarsi nella memoria. Anche la comicità che vorrebbe essere una cifra di tutto il film risulta piuttosto estemporanea e non soddisfa nonostante la presenza brillante del premio Oscar Ariana DeBose a fianco del protagonista. Nel complesso è chiaro il desiderio di omaggiare i classici di Hong Kong degli anni ’80 con Jackie Chan, ma il risultato non è dei migliori e nel confronto Colpi d’amore esce decisamente perdente.
Ke Huy Quan, è un attore americano di origine vietnamita che da bambino ha riscosso successo con Indiana Jones e il tempio maledetto (1984) e I Goonies (1985) e dopo quasi quarant’anni, è tornato alla ribalta vincendo il premio Oscar come non protagonista per Everything Everywhere All at Once (2022). Cintura nera di taekwondo, alla non più giovane età di 53 anni, Quan ha potuto girare tutte le scene di Love Hurts senza controfigura e ciò gli va riconosciuto come un grande merito. Il suo obbiettivo era proprio questo, come si evince da una sua dichiarazione: “Nel corso degli anni mi sono allenato, ho cercato di tenermi in forma, ma fare un film come questo richiede molto a livello fisico. Se non avessi avuto costanza nell’allenarmi e avessi perso flessibilità, avrei finito per farmi molto male mentre tiravo tutti quei pugni e calci! Sono cintura nera di taekwondo e da bambino adoravo i film di arti marziali di Hong Kong, per cui sono davvero entusiasta di aver avuto l’opportunità di fare un film del genere”. La perizia con cui sono girate le scene d’azione è, dunque, un merito da ascrivere soprattutto all’interprete, che è stato direttamente coreografo delle scene di azione di blockbuster come X-Men, mentre il regista, anch’egli con trascorsi di stuntwork, per la prima volta dietro la macchina da presa in prima persona, se è all’altezza dell’action denota una certa inesperienza a tenere insieme i fili di una trama decisamente troppo esile nel suo impianto narrativo.
Giovanni Capetta
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