Alla morte del pontefice, il cardinale Thomas Lawrence è nominato decano, incaricato di condurre il conclave. La guerra tra i cardinali scatta immediata: tra i principali contendenti, Aldo Bellini, amico di Lawrence, e il suo avversario Goffredo Tedesco. L’emergere di scandali e retroscena avvelena sempre di più i litigiosi candidati: per l’intimorito Lawrence, portare a termine una regolare procedura di elezione, sarà un’impresa.
Un accapigliarsi per il potere: non c’è un solo cardinale che non nutra questa cupa disillusione nei confronti del conclave. Non a caso, i pochi privi di ambizione, come Lawrence e Bellini, sopportano a malincuore le sedute di votazione: tra loro c’è chi dubita perfino che la Chiesa abbia ancora ragione di esistere, mentre Lawrence è segretamente agnostico. Conclave si fonda sul presupposto che nessuno possa realmente amare la Chiesa e credere in essa: o si è del novero dei maligni bramosi di potere, o si soffre amareggiati e dubitosi, prigionieri di un Vaticano sinistro e lugubre.
Gli amareggiati tentano però una riscossa. Forse qualcosa per cui lottare esiste ancora: ma è qualcosa di estraneo alla Chiesa. Il duello evidenzia infatti due fronti, progressisti e (ultra)conservatori, il cui spartiacque ricalca perlopiù quello tra la minoranza degli umili e i restanti arrivisti. Al di là della sovrapposizione di comodo, il fatto è che le preoccupazioni dell’uno e dell’altro schieramento contemplano tutto meno che Gesù Cristo. Non una parola su come la Chiesa possa meglio diffonderne il messaggio, scegliendo cosa riformare e cosa no di conseguenza. Non sembra di trovarsi nelle stanze della Santa Sede, ma in una qualunque aula parlamentare: il dibattito è polarizzato attorno a donne, omosessuali e tutti i temi che ben conosciamo.
È lecito credere che tale schema non provenga da un’attenta analisi del Vaticano, ma da autori sprovvisti di un criterio di discernimento che sia altro dalla distinzione tra favorevoli o contrari ai diritti dell’uno o dell’altro gruppo. Un punto di vista lecito, ma che nell’approcciare la Chiesa, non può che mancare il bersaglio: Conclave sarà forse un buon thriller politico, ma non sarà mai un documento di vita ecclesiastica. Difatti, a dimenticare il Vangelo non sono solo certi carrieristi impegnati nel loro torneo (cosa su cui gli stessi cattolici non si fanno illusioni già da secoli), ma anche i pochi benintenzionati. L’omelia inaugurale del pur onesto Lawrence dice tutto: un invito ad abbandonare la certezza a favore del dubbio, come insegna San Paolo (?!?!).
La verità è che l’interesse a conoscere la Chiesa e il Cristo che essa afferma di portare, Conclave non l’ha mai avuto. Dove voglia davvero arrivare il discorso di Lawrence, lo si evince presto. E pur senza svelare il finale del film, non si può non riportarne una malafede tanto smaccata da sembrare una barzelletta, col rischio di procurare più male al suo autore che non al bersaglio che intende colpire.
È come se, dopo lunghe, seppur discutibili, argomentazioni su quale debba essere il futuro ecclesiastico, l’intero impianto teorico venisse polverizzato dal triplo salto mortale con cui viene tratta la conclusione. Conclusione che la dice lunga su chi, secondo il film, meglio incarni l’essenza della Chiesa: per l’esattezza, della Chiesa dell’incertezza auspicata da Lawrence. Ma dire che il nesso è frettoloso e pretestuoso, è dire poco: il film si smaschera da solo, per dichiarare che, in fondo, lo scopo era solo quello di approdare in qualunque modo a quello specifico punto, senza neppure la scaltrezza o l’eleganza di una tesi ben congegnata.
Un coniglio estratto dal cilindro, col quale la storia sembra convinta di dare una lezione a tutti i chierici assetati di potere e a quanti custodissero ancora qualche residua certezza su quanto la Chiesa professa. Ma è un coniglio così ovvio, così sfacciatamente escogitato per colpire la sua dottrina dove tutti – cattolici e non – sanno esserci un nervo scoperto, che il trucco si ritorce contro il suo prestigiatore. Il suo ghigno beffardo finisce per giudicare lui, non il suo avversario. Il suo presunto piano, autoproclamandosi superficiale e fraudolento, si riduce ad un dispettuccio.
Peccato. Peccato per tutti, ma soprattutto per gli autori: formulare critiche alla Chiesa, come a qualunque realtà di questo mondo, è senz’altro lecito. Barare nel farlo, decisamente meno. Barare senza saperlo nascondere è un autogol.
Marco Maderna
Tag: 2 Stelle, Drammatico, Thriller