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Detroit


TITOLO ORIGINALE: Detroit
REGISTA: Kathryn Bigelow
SCENEGGIATORE: Mark Boal
PAESE: Usa
ANNO: 2017
DURATA: 142'
ATTORI: John Boyega, Jack Raynor, Anthony Mackie, Hannah Murray
SCENE SENSIBILI: scene di violenza protratta ed esplicita, nudo e turpiloquio
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Nel 1967 le tensioni razziali nella città di Detroit finiscono per esplodere in una rivolta che attraversa le strade della città. Di fronte alla violenza della polizia esplodono i disordini in cui centinaia di persone vengono ferite e arrestate. In una notte, presso il motel Algiers, si consuma la violenza della polizia nei confronti di un gruppo di afroamericani sospettati di aver sparato contro le forze di polizia…

Un durissimo apologo sulla violenza razziale nella di Detroit del 1967

L’ultima fatica del premio Oscar Kathryn Bigelow e del suo sceneggiatore di fiducia Mark Boal è un durissimo apologo sulla violenza razziale che porta gli spettatori all’interno di un episodio avvenuto durante i disordini di Detroit del 1967 che costò la vita a tre afroamericani.
La regista traccia in modo breve ma efficace, con un misto di materiali di repertorio, animazione e ricreazione drammatica, lo sfondo storico degli avvenimenti (un raid della polizia in un locale per neri dove si vendeva illegalmente alcol scatena le proteste degli abitanti del quartiere e, in un’escalation di violenza cieca, si trasforma in guerriglia urbana che insanguina per giorni la città), per poi concentrare lo sguardo su un episodio particolare.

Violenza, la reazione ottusa di fronte all’“altro”

Nel backstage di un teatro dove si esibiscono gruppi di colore pop-soul, ad attendere il loro turno per salire sul palco e conquistarsi la fama, ci sono i Dramatics, ma quando il loro momento sembra giunto lo spettacolo viene sospeso causa disordini.
È così che il leader del gruppo, Larry Reed, e il suo manager e amico, finiscono per strada e decidono di passare la notte all’Algiers Motel.
Qui all’apparenza la violenza sembra lontana, anche se la Guardia Nazionale pattuglia le strade a pochi isolati e i due ragazzi possano tentare un flirt con due ragazze bianche originarie dell’Ohio, mentre poche strade più in là Melvin Dismukes, una guardia giurata di colore dalle solide convinzioni e dal profilo basso, cerca di passare la notte senza problemi.
Ma basta qualche colpo di una pistola giocattolo, sparato per gioco e provocazione contro i militari, a scatenare la violenza. Un terzetto di poliziotti, capitanati da un folle razzista, prende in ostaggio gli ospiti dell’hotel e li sottopone a un interrogatorio brutale e spietato, che alterna pestaggi, minacce, finte esecuzioni e infine anche l’omicidio.
La violenza è la reazione ottusa di fronte a un “altro” che può solo essere inferiore e nemico. A nulla vale il tentativo di mediazione di Dismukes, che cerca di placare gli animi. Anche lui, come gli altri, si ritrova nel ruolo di vittima e di complice obbligato se vuole in qualche modo salvare la pelle.

Il rifiuto di una posticcia giustizia postuma

La Bigelow non cerca nemmeno di trovare un “senso” a questo abuso istituzionalizzato, di fronte al quale le altre forze di polizia preferiscono voltare la testa e le vittime possono solo subire precipitando in un incubo sempre peggiore.
La regia segue l’evolversi degli eventi in modo claustrofobico, restituendoci il senso di tragedia imminente e inevitabile, facendoci sentire la paura, il sudore e il sangue grazie anche alle interpretazioni eccezionali di un gruppo di attori variegato e coerente.
Da questa notte di orrore si esce con l’impressione che il conto avrebbe potuto essere anche più alto, e senza una vera possibilità di catarsi o redenzione. Il nero Dismukes, in un tragico paradosso, si ritrova accanto ai poliziotti assassini come colpevole designato solo perché portava con sé un’arma. Al processo, nonostante le testimonianze, nessuno pagherà per i morti.
La terribile forza del film della Bigelow sta proprio nel rifiutare il parziale sollievo che una giustizia postuma avrebbe potuto dare di fronte a una vicenda così tremenda. Si resta invece con l’amaro in bocca e l’impressione che quello che ci è passato davanti agli occhi possa accadere ancora e ancora, che, in una società che non sa affrontare fino in fondo né le ragioni dei conflitti né quelle della riconciliazione, nessun nodo sia in realtà stato risolto.

Scegliere un film 2018

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