Isola di Berk. Hiccup è un ragazzo vichingo senza né la forza, né il coraggio, né il talento necessari ad uccidere un drago: vale a dire l’unica attività per cui la comunità di Berk, flagellata senza sosta dagli assalti dei mostri alati, è in continua ricerca di nuove reclute. E che è anche il solo rito di iniziazione per venire accolti nel consesso dei veri vichinghi. Purtroppo, l’inettitudine di Hiccup – figlio, per giunta, del capovillaggio – è sotto gli occhi di tutti. Ma l’ingegnoso ragazzo è un ottimo fabbro ed inventore: una notte, un suo marchingegno colpisce il drago più letale che ci sia, un esemplare di Furia Buia. Proprio allora, tra lui e l’ostile animale ferito si innesca un insospettato legame: in segreto, Hiccup comincia a prendersene cura e ad addestrarlo.
Chiunque abbia amato l’omonimo film d’animazione del 2010, basato sui racconti di Cressida Cowell e già diretto da Dean DeBlois (in coppia con Chris Sanders), non vedrà tradito nulla della versione di partenza. Quest’ultima viene infatti riprodotta perlopiù pedissequamente, con l’approfondimento di specifici passaggi narrativi e di alcuni dialoghi. E anche se il venir meno di certi accorgimenti nella messinscena – presenti nel film originale – potrebbe aver depotenziato l’emozione di alcune sequenze, si tratta di poco più che sottigliezze. In compenso, il passaggio dall’animazione al live action, e quindi al ricorso ad effetti fotorealistici, contribuisce – come nei vertiginosi volteggi in cielo della maestosa Furia e del suo addestratore – ad inebriare un racconto che, con mitezza ma con convinzione, ambisce di fatto ad essere un’infiammante epica.
In questo, si trova molto di quanto in Dragon Trainer può incantare i più piccoli e far riflettere gli adulti: difatti, l’incontro tra Hiccup (che significa «singhiozzo») e Sdentato (questo l’affettuoso ed ironico nome che gli vien dato) non è altro che quello tra un ragazzo (che si crede) senza forza e la primigenia, ardente e regale potenza che da sempre dimora in lui. Dunque un classico racconto di formazione, con potenziali ricadute sulla crescita di un intero popolo.
Di per sé, una storia riguardo un’amicizia proibita, germogliata in un mondo ostile, non è nulla di troppo originale: lo è semmai la trasformazione del tipicamente diabolico archetipo del drago in qualcosa di ben diverso. Ma il fatto è che, nella densa stratificazione simbolica sottesa al legame tra Hiccup e Sdentato, viene trattata la scoperta di sé quale insostituibile risorsa per il mondo intero.
A meritare attenzione è anche la magia dei singoli passi, molto ben dettagliati, che conducono i due ad instaurare la loro relazione: gli stessi pazienti passi che consentono a Hiccup – con l’acume e la perseveranza che non gli sono mai mancati – di ribaltare pagine e pagine di teoria sulla malvagità dei draghi. Oltre che di ribaltare quanto di erroneo pensa di sé stesso.
A dimostrazione dei numerosi livelli di lettura possibili, tramite Hiccup e Sdentato Dragon Trainer sembra volere illustrare anche un caso di virtuosa collaborazione tra natura e tecnica. L’inventiva dell’uno viene messa al servizio della guarigione dell’altro: se è vero che Sdentato riconsegna a Hiccup qualcosa di sé stesso, è altrettanto vero che l’altro prende una creatura selvatica in sua custodia.
Quanto allo stato di guerra permanente a cui uomini e draghi sembrano condannati, non mancano alcune allusive riflessioni – che forse meritavano qualche parola in più – sulla possibilità o meno di spezzare quello che, in fin dei conti, non è altro che un eterno ciclo di ritorsioni. Il suggerimento del film è quello di rinunciare a fare il conteggio dei mali inflitti e subiti: non è così che si risolvono i conflitti. Del resto, Hiccup stringe amicizia con un drago che è stato lui stesso a ferire.
Altro ancora si può ricavare dal sofferto rapporto del protagonista col padre Stoick e da quello con la grintosa Astrid, una coetanea per cui Hiccup ha da tempo perso la testa: Dragon Trainer è un film adatto a tutta la famiglia, da cui lo spettatore di ogni età può ben attingere qualcosa per sé. Pur non offrendo una sontuosità paragonabile ad altri kolossal fantasy e d’azione, lo spettacolo è più che gradevole; e vanta una storia che sa come farsi guardare e riguardare più volte, onde apprezzarla fino in fondo.
Una storia che ha splendidi ed imponenti esseri alati da risvegliare.
Marco Maderna
Tag: 4 stelle, Avventura, Azione, Commedia, Drammatico, Fantastico