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Empire of Light


TITOLO ORIGINALE: Empire of Light
REGISTA: Sam Mendes
SCENEGGIATORE: Sam Mendes
PAESE: USA, Regno Unito
ANNO: 2022
DURATA: 119'
ATTORI: Olivia Colman, Michael Ward, Colin Firth e Toby Jones
SCENE SENSIBILI: linguaggio volgare e sessuale esplicito, scene di sesso, una scena di violenza
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

1981. Hilary è la vice direttrice dell’Empire, multisala cinematografica in una ridente località marittima nell’Inghilterra del sud. La donna, sensibile e introversa, soffre di depressione e ha una relazione extraconiugale con il direttore del cinema. L’assunzione di un nuovo dipendente, Stephen, un ragazzo di colore che sogna di andare al college, sconvolge però l’apatica esistenza di Hilary. Tra i due, infatti, si crea subito una complicità speciale che sfocia in una serie di incontri romantici nelle sale abbandonate all’ultimo piano del cinema, all’insaputa di tutti. Grazie a Stephen, Hilary sembra rifiorire ma nel suo cuore e nella sua mente si nasconde un pesante fardello, che si presenterà nuovamente a chiederle il conto…

Cinema sul cinema

Empire of Light è una dichiarazione d’amore appassionata e un po’ nostalgica per il cinema, raccontato poeticamente come metafora della vita, cioè una sequenza di immagini fatta di luce ma purtroppo anche di momenti di buio.
La storia sembra per certi versi una favola moderna, toccante e come sospesa nel tempo, ambientata quasi completamente all’interno dell’Empire, piccolo tempio della settima arte che fa da sfondo alle vicende e da collegamento tra i personaggi, conferendo al film una unità di luogo e di azione molto forte, quasi teatrale.
Date le premesse, il film sfrutta a pieno la capacità del cinema di mettere le immagini al servizio della storia, grazie alla fotografia (ha ricevuto la candidatura al premio Oscar) che valorizza i maestosi interni dell’Empire e l’incantevole location affacciata sul mare del Nord, e alla regia, intimista e statica, quasi inerte, esattamente come la protagonista ma anche come il luogo in cui è ambientato il film. La calma quasi surreale in cui è immersa la cittadina e i personaggi che la popolano, fa da contraltare infatti alle turbolenze della società britannica di quel periodo, di cui arrivano echi lontani attraverso le preoccupanti notizie di cronaca che parlano di razzismo, violenza e ingiustizia sociale. Le possibilità che quegli eventi diventino una minaccia concreta anche per i nostri protagonisti inizialmente sembra remota, come se provenisse da un altro mondo, ma nello sviluppo del film si fa sempre più reale, più preoccupante, fino alla drammatica esplosione di violenza nel finale.

Diversi da chi?

In realtà i fatti narrati nel film sono molto più vicini a noi di quanto potrebbe lasciar pensare l’epoca in cui è ambientato (oltre quarant’anni fa!) anche se forse ci vorremmo rifiutare di credere che in una società civile possano esistere ancora sentimenti di intolleranza così forti.
Nonostante l’attualità del problema però non è il razzismo il tema centrale della storia, perché, seppure presente ed importante, rimane solo una sfaccettatura di un argomento ancora più ampio e complesso che è quello della diversità in generale, che si contrappone, ontologicamente, al concetto ipotetico ed alienante di normalità (di cui il direttore del cinema è per certi versi il miglior rappresentante in scena).
La malattia psichiatrica della protagonista e la differenza di età con Stephen sono gli altri principiali mezzi di cui si serve il regista per dare rotondità e completezza al tema, che viene sottolineato ed arricchito dal personale dell’Empire, un’umanità vitale e sensibile, così variegata nelle caratteristiche personali che pare quasi il manifesto di una concezione di società più giusta e più bella.

Gabriele Cheli

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