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Giù le mani dalle nostre figlie


TITOLO ORIGINALE: Blockers
REGISTA: Kay Cannon
SCENEGGIATORE: Jon Hurwitz, Brian Kehoe, Jim Kehoe, Eben Russell, Hayden Schlossberg
PAESE: Usa
ANNO: 2018
DURATA: 102'
ATTORI: Leslie Mann, Ike Barinholtz, John Cena, Kathryn Newton, Geraldine Viswanathan, Gideon Adlon
SCENE SENSIBILI: turpiloquio, scene di sesso, uso di droghe, scene volgari, scene di nudo.
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Julie, Kayla e Sam sono amiche da sempre. Arrivate a diciott’anni, nel giorno del gran ballo della scuola, decidono di fare un patto tra loro: tutte e tre perderanno la verginità quella stessa notte. La madre di Julie e i padri di Kayla e Sam scoprono l’accordo e cercano in tutti i modi di sabotarlo…

Genitori in crisi e figlie allo sbaraglio

Giù le mani dalle nostre figlie potrebbe essere descritto come una sorta di American Pie al femminile, vissuto però dal punto di vista dei genitori.
Lisa è una mamma single, che ha cresciuto da sola la sua Julie, con cui vive quasi in simbiosi. Quando però scopre che la figlia le ha tenuta segreta la sua iscrizione alla UCLA a Los Angeles, dopo averle promesso di studiare a Chicago, non troppo lontana da casa e quindi da lei, il suo mondo va in crisi. Mitchell, invece, è il padre di Kayla. È un omone sportivo e muscoloso (non a caso è interpretato dal wrestler John Cena) che però, a dispetto dell’apparenza, è molto sensibile e di lacrima facile e non accetta che la sua piccola si stia facendo donna. Hunter, infine, è il padre di Sam, ragazzina insicura e malinconica, che si scopre omosessuale. Hunter è divorziato: tutti, compresi Lisa e Mitchell, l’hanno allontanato da quando si è lasciato con la moglie e l’uomo cerca di recuperare il rapporto con la figlia, che si vergogna dei suoi modi stravaganti e sempre fuori dalle righe.
Le tre amiche hanno motivazioni diverse per perdere la verginità: Julie ha un fidanzato e crede che sia “quello giusto”; Kayla ha deciso che è grande abbastanza e si sceglie, seduta stante, il “cavaliere” che la porterà al ballo e con cui consumerà la sua prima notte; Sam, infine, non vuole sentirsi diversa dalle amiche ed è intenzionata a fare sesso con un ragazzo per capire se è veramente omosessuale.

Una visione superficiale del tema della verginità

Il tema della verginità, unito a quello della “prima volta”, è trattato con enorme superficialità. Non ci sono dubbi, paure e dilemmi, tanto che risulta poco credibile che le tre ragazze, qui raffigurate come delle adolescenti superficiali, volgari nel linguaggio e un po’ stupide, siano ancora vergini. Inoltre, è vero che i genitori sono preoccupati che le figlie compiano scelte azzardate, ma alla fine la loro vera paura è che le loro piccole crescano, diventino donne e di conseguenza li abbandonino. Un timore comprensibile, ma anche un po’ egoistico. L’unico che sembra avere un briciolo di razionalità e che si dimostra più sensibile nell’interpretare i comportamenti della figlia è proprio Hunter, all’apparenza il più sconclusionato, il padre che nessuno vorrebbe avere.
Il film consegna allo spettatore una facile morale: è tempo per i genitori di farsi da parte, accettare le scelte dei propri figli e non aver paura che crescano perché, comunque vada la vita, li ameranno e saranno amati da loro per sempre.
Giù le mani dalle nostre figlie non resiste infine a imboccare un filone pseudo-femminista e di critica all’ipocrisia patriarcale. Mentre i genitori del fidanzato di Julie, si dilettano in giochi erotici di coppia che poi raccontano al figlio (tanto è un maschio), la mamma di Kayla, nonché moglie di Mitchell, difende la scelta della figlia di perdere la verginità, perché è ora che anche le ragazze raggiungano la parità sessuale. Poco importa se la figlia si stia per concedere a un perfetto sconosciuto, per di più spacciatore di droga.

Effetti speciali demenziali e stereotipi a volontà

Il film di Kay Cannon, sceneggiatrice, qui al suo esordio registico, è dimenticabile (tanto quanto il doppiaggio e la traduzione italiana dei dialoghi), ricco di allusioni sessuali e riferimenti volgari che puntano a suscitare la risata facile e gag infantili, caotiche e demenziali (tra tutte una scena in cui i personaggi si vomitano addosso a vicenda, a getto, dentro una limousine e una in cui John Cena assume dell’alcol per via rettale, in seguito a una scommessa con alcuni adolescenti).
Anche gli effetti speciali realizzati al computer, come le lacrime copiose di Lisa nel salutare la figlia Julie in partenza per il college, sono palesi e realizzati in modo grossolano e artefatto.
Il film è infarcito di stereotipi, soprattutto sul rapporto genitori-figli. Se i giovani vengono rappresentati come figli della cultura dello sballo e dell’esagerazione, gli adulti sono ritratti come dei perfetti immaturi e maniaci del controllo. Resta da chiedersi a chi si rivolga il film. Se da una parte le tematiche e la presenza di figure come John Cena richiamano un pubblico adolescenziale, dall’altra i contenuti altamente volgari rappresentano l’esclusione di questo stesso target, tanto da portare il film a essere “restricted” negli Stati Uniti.

Eleonora Fornasari

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