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I Mitchell contro le macchine

I Mitchell contro le macchine


TITOLO ORIGINALE: The Mitchells vs the Machines
REGISTA: Mike Rianda e Jeff Rowe
SCENEGGIATORE: Mike Rianda e Jeff Rowe
PAESE: USA
ANNO: 2021
DURATA: 113'
ATTORI: con le voci italiane di Margherita De Risi, Massimo de Ambrosis, Barbara De Bortoli, Manuel Meli; in originale Abbi Jacobson, Michael Rianda, Danny McBride, Alex Hirsch
SCENE SENSIBILI: nessuna
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La famiglia Mitchell intraprende un viaggio dal Michigan alla California per ricucire un rapporto padre/figlia che sembra ormai rotto per sempre. Con l’occasione vivranno mille avventure, salvando perfino il pianeta da un’imminente catastrofe.

Una famiglia apparentemente normale

I Mitchell sono una famiglia media di Kentwood, ridente cittadina del Michigan. Il ritratto della mediocrità, soprattutto in paragone con dei vicini di casa iper perfetti e patinati. Papà Mitchell è fuori forma, ama la natura e odia il progresso, mentre mamma Mitchell, pur premurosa e attenta ai figli, vive come loro attaccata al cellulare, tanto da non accorgersi nemmeno dell’arrivo del marito. Eppure si capisce subito che sono molto uniti, in fondo si vogliono bene, semplicemente è tutto come sotterrato dall’abitudine e da una tecnologia sempre più invadente.
Quando la figlia Katie, appassionata di cinema e in rotta col padre, viene ammessa ad una scuola in California e si prepara a lasciare il nido, qualcosa sembra risvegliarsi nel cuore di tutti: che sia questa l’ultima occasione per poter riscoprire il gusto e la bellezza dei rapporti famigliari?
E così ha inizio l’avventura che, a bordo di un’auto scalcagnata, li porterà a vivere avventure incredibili, ad affrontare le tensioni e addirittura a combattere una terribile invasione di “macchine”, ovvero intelligenze artificiali, iper- evolute.

Tecnologia sì, tecnologia no

Il rapporto padre/figlia è la linea narrativa principale della storia, uno scontro ancora più concreto per i diversi punti di vista nei confronti della tecnologia. Rick è un uomo all’antica, fin troppo. Non solo rifiuta in toto l’Hi Tech, ma non ammette nemmeno che la figlia possa pensare di dedicare tutta la vita al cinema (è bravissima a girare e montare storie divertenti che hanno come protagonista il suo cane). Ma in fondo, più semplicemente, non vorrebbe lasciarla crescere e vederla andare via. Un po’ come accade ad ogni genitore che si rispetti, solo che per una famiglia americana l’allontanarsi di un figlio potrebbe anche voler dire non avere quasi più nessun rapporto con lui.
Allo stesso tempo Katie vorrebbe crescere, prendere la propria strada, ma teme di staccarsi e prendere il volo. Così nel viaggio mirabolante che saranno costretti a compiere, ciascun membro imparerà che la famiglia, nella sua unità, possiede una forza smisurata che non ha confini di tempo e di spazio: ciascuno ha la sua unicità, punti forti e debolezze, ma insieme ogni cosa diventa più bella, più piena, e anche più utile al mondo.
In parallelo a questa tematica più famigliare viene approfondita quella sulle nuove tecnologie: intelligenze artificiali talmente perfette da prendere in ostaggio i propri creatori. L’onnipotenza dell’uomo che per denaro vuole creare prodotti sempre nuovi, che presto o tardi finiscono per ritorcerglisi contro, può essere sconfitta solo da una cosa: dal calore di una famiglia che, riscoperta la propria unità e unicità, trova la forza per far riscoprire a tutti il vero valore della realtà e degli affetti.
In questo contesto, sembra forzata e fuori tono la scena, dopo i titoli di coda, in cui si allude all’omosessualità della protagonista.

Ilaria Giudici

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