Hera, figlia di Helm Man di Martello, sovrano di Rohan, vede il suo destino cambiare tragicamente quando il padre, per stringere alleanze, promette la sua mano a un principe di Gondor. Dallo spirito indomito, la ragazza rifugge il matrimonio, ma colui che più rimane avverso dalla proposta è l’arrogante vassallo Freca, che brama la sua mano per il figlio Wulf. La tragedia cade sulla casata di Edoras quando Helm uccide accidentalmente Freca durante un concilio, scatenando l’ira del figlio Wulf. In cerca di vendetta, Wulf raduna un esercito che devasta Rohan, costringendo Helm e il suo popolo a fuggire da Edoras. Dopo la perdita dei suoi fratelli, Hera diventa il simbolo della speranza, guidando il suo popolo verso la Rocca di Borgocorno e tenendo testa allo spietato Wulf.
Negli ultimi dieci anni, diversi tentativi sono stati fatti per ravvivare il celebre franchise de Il Signore degli Anelli, tratto dall’omonima opera di J.R.R. Tolkien. La trilogia cinematografica, che aveva riportato in auge il genere fantasy all’inizio degli anni 2000, ha ispirato progetti ambiziosi ma spesso fallimentari. Tra questi, spiccano il dispendioso flop della serie Amazon Gli Anelli del Potere e la controversa trilogia de Lo Hobbit, che molti accusano di aver snaturato il materiale originale in nome del profitto.
L’annuncio della produzione de Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim aveva inizialmente acceso la curiosità di fan e critici, grazie alla sua premessa intrigante: un lungometraggio animato in stile anime, diretto dal regista giapponese Kenji Kamiyama. L’idea che l’animazione giapponese, nota per la sua eccellenza tecnica e il rispetto per le opere da cui trae ispirazione, potesse offrire un tributo degno all’universo di Tolkien era promettente. Tuttavia, queste aspettative sono state disilluse ben prima dell’uscita del film. Con un budget estremamente risicato (basti pensare che per un singolo episodio di circa 40 minuti della serie Arcane sono stati investiti 18 milioni, mentre per i 134’ di Rohirrim ne sono stati stanziati solo 30), e tempi di produzione strettissimi imposti per non perdere i diritti sull’opera originale, è apparso evidente che l’obiettivo fosse unicamente economico, a scapito della qualità artistica.
Nonostante i limiti tecnici, La guerra dei Rohirrim riesce a sfruttare con astuzia il suo budget, regalando in alcuni momenti sequenze di grande impatto visivo e inquadrature di una potenza epica. L’atmosfera evocativa e il tono aulico che caratterizzano la narrazione tolkieniana emergono a tratti, dando l’illusione di trovarsi nel cuore del regno di Rohan, tra cavalieri fieri e battaglie degne di essere immortalate dai bardi.
Purtroppo, questi sprazzi di grandezza sono annullati da una sceneggiatura dissonante, intrisa di un’americanizzazione che cozza con la raffinatezza dell’opera originale e fanno domandare se gli scrittori abbiamo mai letto, o almeno visto, Il Signore degli Anelli. L’autorevolezza di re Helm, intento a discutere il destino del suo regno con i suoi vassalli, viene ridicolizzata quando propone di risolvere i conflitti con una scazzottata all’aperto. Ancora più assurda è la scelta di far combattere Hera contro il perfido Wulf non con armatura o protezioni, ma solo con uno svolazzante vestito di tulle.
Tra le numerose incongruenze narrative, quella più dannosa riguarda la caratterizzazione dei personaggi, in particolare della protagonista, Hera. Presentata come una giovane scudiera determinata, incarna un’idea di “donna forte” che sembra più il frutto di un’agenda contemporanea che di una coerenza narrativa. Hera, immune a qualsiasi evoluzione emotiva, rimane inchiodata alla sua ossessione per la libertà, anche dopo aver perso famiglia, patria e amici. Questo approccio non solo impoverisce il personaggio, ma vanifica qualsiasi possibilità di creare un arco narrativo convincente.
Il risultato è un’opera che, pur avendo il potenziale per distinguersi, si perde in cliché, compromettendo la tensione narrativa e l’immersione del pubblico. Temi inseriti in modo forzato, anziché arricchire la storia, ne appiattiscono l’impatto, tradendo di nuovo la speranza di poter rivedere di nuovo un giorno la gloria del mondo de Il Signore degli Anelli.
Mariapaola Della Chiara
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