Sicilia, anni ’80. Le cosche mafiose sono in guerra tra loro e l’emergente clan dei Corleonesi, capeggiati da Totò Riina, si sta liberando brutalmente di molti esponenti della vecchia guardia. Tommaso Buscetta, capo della Cosa Nostra vecchio stampo, fugge in Brasile, dove si rifà una nuova vita e una nuova famiglia. Stanato dalla polizia federale e rispedito in Italia, Buscetta conosce il giudice Giovanni Falcone, che chiede il suo aiuto per smantellare l’apparato mafioso…
In parte biopic, in parte documentario, in parte dramma shakespeariano, Il traditore è un film lucido, che si è guadagnato il plauso del pubblico e della critica, ottenendo tredici minuti di applausi al Festival di Cannes e facendo incetta di candidature ai Nastri d’Argento 2019 (con ben otto nomination). Questo nonostante sia un film “difficile”, sia per la durata (più di due ore), sia per la questione linguistica (molti personaggi parlano in dialetto siciliano stretto, comprensibile solo grazie alla presenza dei sottotitoli), sia per l’elevato numero di personaggi – legati a stretto filo da rapporti di parentela, amicizia, odio e vendetta – e di eventi storici messi in scena. La comprensione dello spettatore è facilitata dall’inserimento di didascalie che illustrano nomi, date e situazioni e che hanno anche la funzione di dividere il film in capitoli.
Il traditore si regge, oltre che su una regia rigorosa e su un’accurata ricostruzione storica, sull’ottima interpretazione dei protagonisti, primo tra tutti Pierfrancesco Favino, impegnato in quella che è probabilmente la parte più complessa e riuscita della sua carriera; ma anche Fabrizio Ferracane, nei panni di Pippo Calò, controparte e principale antagonista di Buscetta durante il maxiprocesso di Palermo, e Luigi Lo Cascio, che interpreta Totuccio Contorno, altro membro di Cosa Nostra e collaboratore di giustizia.
Ma Il traditore è un film riuscito anche sotto il punto di vista dei nuclei tematici, che permeano e sostengono l’intera struttura narrativa. Il primo è quello della famiglia, elemento di forza (nella scena in cui Buscetta si congeda da Falcone, gli dice che «la vita non è eterna, con i figli è più bella»), ma anche di debolezza (Cosa Nostra colpisce prima di tutto i fratelli, gli amici, i cugini…). In un certo senso, la Famiglia uccide la famiglia.
Strettamente connesso al primo è il tema dell’“appartenenza” e della perdita della casa. Buscetta è costretto a fuggire in Brasile e poi a nascondersi negli Stati Uniti, cambiando frequentemente domicilio per non cadere nelle mani di tutti quelli che lo vogliono morto, ma, nonostante questo, continua a considerare l’Italia e la Sicilia come la sua vera casa.
Il film pone poi inoltre molta enfasi sul tema della dualità, mettendo continuamente in scena incontri e scontri tra poli opposti: lo Stato e Cosa Nostra, Buscetta e Falcone, Buscetta e Pippo Calò, il Brasile (e poi gli Stati Uniti) e l’Italia… D’altronde, proprio la dualità è l’elemento che contraddistingue maggiormente il protagonista, Tommaso Buscetta o don Masino, personaggio fatto di luci e ombre, che non si rivela mai completamente, ma sembra sempre impegnato a nascondersi agli altri e a se stesso. Un personaggio, insomma, che riesce ad essere, contemporaneamente, un traditore e un eroe.
Scegliere un film 2019
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