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Jack Reacher – Punto di non ritorno


TITOLO ORIGINALE: Jack Reacher: Never Go Back
REGISTA: Edward Zwick
SCENEGGIATORE: Richard Wenk, Edward Zwick e Marshall Herskovitz, dal romanzo Never Go Back di Lee Child
PAESE: Usa
ANNO: 2016
DURATA: 118'
ATTORI: Tom Cruise, Cobie Smulders, Danika Yarosh, Patrick Heusinger, Robert Knepper
SCENE SENSIBILI: scene di violenza brutale, turpiloquio
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Eroe solitario ed errabondo, Jack Reacher è un ex militare che continua a servire la Patria, sgominando cattivi su e giù per gli Stati Uniti, senza obbedire ad altre regole che alle sue. Stimatissimo dagli ex colleghi della 110ª unità della polizia militare della Virginia, cui spesso toglie le castagne dal fuoco, fa amicizia per telefono con la maggiore Susan Turner – che di Reacher ha ereditato l’incarico nella base – e decide di incontrarla di persona. Nel giorno prestabilito, però, scopre che la donna è stata arrestata, accusata di spionaggio e ritenuta responsabile della morte di due soldati in Afghanistan. Sentendo puzza di bruciato, Reacher inizia a indagare, attirandosi così le attenzioni di qualcuno molto potente che riesce a incriminarlo per un omicidio mai commesso e da cui l’eroe dovrà guardarsi bene se vorrà restare vivo.

L’eroe di cui il cinema avrebbe bisogno

Adattamento cinematografico del diciottesimo di una serie di più di venti romanzi dello scrittore britannico Lee Child, Punto di non ritorno segue a distanza di tre anni il primo Jack Reacher, che non andò così bene al botteghino nordamericano ma che si rifece grazie agli altri mercati e alle vendite in dvd e in streaming. Un destino, quello del primo film, tipico dei B-Movie, che di solito si distinguono per la partenza lenta e per la tenuta lunga.
Non sappiamo quanto andrà lontano questo secondo capitolo, rubricabile tra gli esempi di onesto intrattenimento che si dimentica in fretta. Jack Reacher, in verità, è un eroe di cui il cinema avrebbe bisogno: un outsider per scelta, che decide di non avere padroni per poter obbedire solo alla propria coscienza; un cavaliere con poche macchie e senza paura, paladino della giustizia, che uccide solo per legittima difesa e ha sommo rispetto per le donne che lo accompagnano e per la loro virtù. C’è, inoltre, un senso positivo della famiglia e il film parla a suo modo di un argomento importante (gli affari sporchi che quasi sempre ci sono dietro alle guerre “ideali” e il ruolo molto ambiguo delle aziende contractor, che lucrano palate di miliardi).

Una squadra a tre che non convince

Tutto bene, dunque? No, perché la sceneggiatura, che vorrebbe affrontare temi complessi, sembra talvolta divagare: con l’eroe, per esempio, viaggiano la bella ufficiale dell’esercito (che si dimostra tosta quanto lui) e una ragazza adolescente legata a lui enigmaticamente (il dubbio sull’ipotetica parentela permane fin quasi ai titoli di coda). “Anziché essere un lupo solitario” – così l’autore del libro ha sintetizzato il senso della storia – “Jack Reacher diviene parte di una squadra a tre. Dovranno lavorare insieme per uscire dai guai, ma nessuno di loro ha familiarità con il concetto di prendere ordini. Sono tutti abituati a essere i capi di se stessi”. All’eroe, quindi, sulla carta, è richiesto un cambiamento, l’adeguarsi a una situazione completamente nuova e forse un’assunzione di responsabilità decisiva per la sua vita. Lo svolgimento della trama e la messa in scena, però, sono un po’ troppo convenzionali per riuscire a rendere tutte queste sfide davvero interessanti anche sullo schermo. Stilisticamente, poi, gli autori sono indecisi se riprendere l’umorismo sardonico del primo film o prediligere un tono più intimo e crepuscolare, con la conseguenza di perdere sia sul fronte del divertimento sia su quello dell’approfondimento psicologico.
Se non si hanno troppe pretese, comunque, un film che si può guardare senza controindicazioni come se fosse la puntata rassicurante di un telefilm degli anni Ottanta.

Raffaele Chiarulli

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