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Knight of Cups


TITOLO ORIGINALE: Knight of Cups
REGISTA: Terrence Malick
SCENEGGIATORE: Terrence Malick
PAESE: Usa
ANNO: 2015
DURATA: 118'
ATTORI: Christian Bale, Natalie Portman, Cate Blanchett, Brian Dennehy, Wes Bentley, Antonio Banderas, Armin Mueller-Stahl, Freida Pinto
SCENE SENSIBILI: alcune scene sensuali e di nudo.
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Uno sceneggiatore hollywoodiano cerca il senso della vita tra le distrazioni dello show business e le relazioni con molte donne. Nel passato un difficile rapporto con il padre e una storia che sembra misteriosamente indicare la traccia della sua vita…

La ricerca del senso della vita tra misticismo e Hollywood

È difficile e probabilmente anche fuorviante costringere in una trama l’ultima fatica di Terrence Malick (accolta da fischi e perplessità al festival di Berlino del 2015 e uscita in Italia con grande ritardo), che è piuttosto una meditazione in forma visiva sulla ricerca del senso della vita attraverso le distrazioni di un mondo superficiale e corrotto. Che in questo caso è una Hollywood che a tratti ricorda la Roma de La grande bellezza, salvo che Malick non ha un’oncia del cinismo del protagonista di Sorrentino e anzi, al massimo, può essere accusato di un misticismo sentimentale difficile da decifrare anche più che in altre sue opere.

Un assoluto mai raggiunto e sempre cercato

La linea è quella di Tree of Life e To the Wonder, ma portata all’estremo in una sfida allo spettatore in cui la bellezza di certe immagini della natura solo a tratti compensa la fatica di aderire a un percorso esistenziale enigmatico, dove la voce fuori campo commenta ma non chiarisce.
Più che accenni di trama e narrazione, qui vanno cercati temi e suggestioni, e una meditazione che nella ricerca ostinata dell’assoluto non teme l’accusa del ridicolo.
“C’era una volta un giovane principe che fu mandato dal padre, il re dell’Est, fino in Egitto, allo scopo di trovare una perla. Quando il principe arrivò la gente versò lui da bere in una coppa. Non appena il principe bevve dimenticò di essere il figlio di un re, perse memoria della perla e cadde in un sonno profondo”. Questo racconto che il protagonista Rick ascoltava da piccolo dal padre è la traccia di una ricerca esistenziale che passa per mille relazioni (la donna come tramite verso l’assoluto è comunque una costante), la difficoltà dei legami famigliari e il lutto.
Si susseguono le relazioni più o meno durature, i personaggi entrano ed escono dalla scena secondo una logica non sempre comprensibile e di tanto in tanto il flusso di parole e immagini è illuminato da momenti di sfolgorante bellezza, che parlano di assoluto mai raggiunto e sempre cercato.

Un estremismo stilistico che mette alla prova

Malick è un autore che si odia o si ama e qui sembra bearsi di un estremismo stilistico fatto per indispettire chi già nutriva dubbi verso la sua svolta mistica e che mette alla prova anche gli adepti della sua poetica. Se è legittimo limitare la disponibilità rispetto all’impegno che richiede seguirlo in questa strada, non è lecito il dubbio rispetto alla consistenza del pensiero che sta dietro a un’operazione sempre stilisticamente altissima. Per chi, poi, decidesse che i patemi del Rick interpretato da Christian Bale non siano sufficienti a giustificare il prezzo del biglietto, ci si può sempre dilettare con il numero esorbitante di camei hollywoodiani (alcuni anche di pochi secondi) che rendono quel mondo così credibile.

Laura Cotta Ramosino

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