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La mia vita da zucchina


TITOLO ORIGINALE: Ma vie de Courgette
REGISTA: Claude Barras
SCENEGGIATORE: Céline Sciamma dal romanzo di Gilles Paris Autobiografia di una zucchina
PAESE: Svizzera/Francia
ANNO: 2016
DURATA: 66'
ATTORI: con le voci originali di Gaspard Schlatter, Sixtine Murat, Paulin Jaccoud, Michel Vuillermoz e Raul Ribera
SCENE SENSIBILI: alcune battute a sfondo sessuale.
1 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 5

Zucchina (il cui vero nome è Icar) è un bambino di 9 anni che vive da solo con la madre alcolista. Quando questa muore a causa di un incidente domestico, Zucchina viene accompagnato dal poliziotto Raymond in una casa famiglia dove ci sono altri bambini abbandonati o con situazioni famigliari difficili. Qui inizialmente fatica a integrarsi anche per via di Simon, un ragazzino un po’ bullo che, però, presto lo “accetta” nel gruppo. Mentre Zucchina si ambienta e fa sempre più amicizia col poliziotto Raymond, alla casa famiglia arriva una nuova bambina, Camille. Per Zucchina è un colpo di fulmine. Ma quando la zia di Camille avanzerà i propri diritti come tutrice della nipote, la serenità da poco riconquistata da Zucchina rischierà di finire in mille pezzi…

Storie delicate delle case famiglia

Tratto dal romanzo autobiografico di Gilles Paris, La mia vita da Zucchina è stato presentato al Festival di Cannes 2016 ottenendo meritatamente un buon successo di critica. Il film d’animazione, interamente realizzato con la tecnica della stop-motion, si rivolge a un pubblico adulto (o quantomeno di adolescenti), non tanto per la presenza di alcune battute a sfondo sessuale, ma piuttosto per la delicatezza dei temi affrontati. Gli ospiti della casa famiglia, infatti, hanno subito traumi familiari o abusi, e tutti hanno sperimentato, in forme diverse, l’abbandono.

Le proprietà curative dell’amore

La forza di La mia vita da Zucchina risiede nella semplicità di una storia che tocca da vicino lo spettatore, raccontando con grande sensibilità come le ferite (anche profonde) che ciascuno si porta dentro possano guarire. Insieme al protagonista, infatti, il pubblico riscopre le proprietà curative dell’amore, non inteso come la favoletta pseudo-romantica che come d’incanto cancella tutti i problemi, ma come uno sguardo di bene che è capace di ricomporre faticosamente i pezzi e far rifiorire anche chi ha sofferto molto.
Zucchina a 9 anni scopre quello che molti dimenticano nell’età adulta: che l’amicizia, e persino l’amore, possono nascere anche nelle situazioni più dolorose, e che perché questo accada è necessario lasciare affiorare le proprie fragilità.
Nell’intreccio di una storia che è quasi priva di colpi di scena perché estremamente lineare, la caratterizzazione dei personaggi non è comunque scontata, come nel caso del poliziotto Raymond che, spiegando la propria situazione famigliare a Zucchina e Camille, afferma: “A volte sono i figli ad abbandonare i genitori…”.
La mia vita da Zucchina è, in sostanza, un film poetico e a tratti dolce-amaro dove i grandi occhi con cui sono modellati i personaggi veicolano senza filtri le loro emozioni, ricordando così allo spettatore adulto che il desiderio di sentirsi accolti e amati non resta mai confinato alla sola infanzia.

Rachele Mocchetti

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