Ramallah, 29 gennaio 2024. Il centralino della Mezzaluna Rossa palestinese riceve una chiamata di soccorso da Gaza: una voce femminile dice di trovarsi intrappolata in un’automobile, sotto il fuoco dell’esercito israeliano. Dopo un breve strepito di spari, subentra la voce di una bambina di cinque anni, Hind Rajab, unica sopravvissuta all’interno del veicolo. Gli operatori vorrebbero portarla in salvo: per farlo, devono chiedere autorizzazione alle autorità israeliane, affinché la loro ambulanza possa transitare nella zona di combattimento. Ma la trafila per ottenere il via libera è quantomai lunga. E intanto la piccola Hind resta in trappola.
Basato su un fatto di cronaca reale, La voce di Hind Rajab è un’opera semi-documentaria: si tratta, prevalentemente, di un resoconto puro e semplice, della riproduzione scenica di un episodio di guerra. Mentre gli operatori della Mezzaluna Rossa sono interpretati da attori, la voce della bambina al telefono proviene da registrazioni audio originali. Oltre a queste, il film include alcune immagini documentarie dal centralino di Ramallah e dal teatro di guerra, nello specifico dalla via di Gaza lungo la quale si trovava l’auto che nascondeva Hind.
Le angoscianti ore in cui gli addetti ai soccorsi cercano di rassicurare la bambina e di mantenere aperto il canale di comunicazione con lei, in ansiosa attesa dell’autorizzazione israeliana a procedere, sono condensate in un film di poco meno di novanta minuti. Novanta minuti interamente ambientanti negli uffici della Mezzaluna Rossa: un avvicendarsi continuo di speranze e delusioni, accompagnate da un accalorato dibattito interno, sull’opportunità o meno di intervenire senza il consenso delle autorità. Di Hind Rajab udiamo soltanto la voce.
Chi dovesse già conoscere il fatto, è al corrente anche del suo finale. Non è comunque necessario attendere che quest’ultimo si sveli per capire che La voce di Hind Rajab è un film di accorata denuncia. Si tratta soltanto di attendere se e quali decisivi argomenti l’accusa vorrà mettere in campo.
Difatti, per buona parte del breve racconto, i dipendenti della Mezzaluna Rossa non sono del tutto unanimi nell’interpretare l’esasperante meccanismo burocratico che impone loro di rimandare per ore un salvataggio che richiederebbe soltanto otto minuti. È davvero necessaria una procedura così lunga? Il rinvio è dovuto soltanto ad un’astrusità del sistema o c’è un disinteresse, se non un vero e proprio intento maligno, da parte di Israele? Il dubbio verrà definitivamente sciolto soltanto alla fine: e l’evento che lo risolve è arduo da equivocare.
Ad ogni modo, al di là della sua valenza strettamente politica e di urgente attualità, La voce di Hind Rajab mette in scena una specifica esperienza umana: quella dell’impotenza che si prova quando si vorrebbe risparmiare dolore a qualcuno, senza però averne la possibilità. Le sofferenze narrate sono infatti due: non soltanto quella di Hind Rajab, ma anche quella dei suoi soccorritori. Il film sottende una domanda che resta, di fatto, aperta: cosa fare quando si hanno le mani insormontabilmente legate? In situazioni simili, qual è il senso del proprio operato? Qual è il proprio ruolo, ammesso che ve ne sia uno?
La vicenda racchiude già in sé stessa una possibile risposta, evidente in alcune delle lunghe conversazioni telefoniche: quando salvare è impossibile, il compito che spetta alla società umana è semplicemente quello di accompagnare.
E a giudicare dal racconto, non sembrano ore vane, quelle trascorse ad accompagnare Hind Rajab.
Marco Maderna
Tag: 4 stelle, Drammatico, film per discutere