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Lazzaro Felice


TITOLO ORIGINALE: Lazzaro Felice
REGISTA: Alice Rohrwacher
SCENEGGIATORE: Alice Rohrwacher
PAESE: Italia/Francia/Svizzera/Germania
ANNO: 2018
DURATA: 130'
ATTORI: Adriano Tardiolo, Alba Rohrwacher, Tommaso Ragno, Sergi López, Natalino Balasso, Nicoletta Braschi
SCENE SENSIBILI: alcune scene di tensione.
1 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 51 vote, average: 3,00 out of 5

In una comunità di contadini isolati dal mondo al punto da non sapere che la mezzadria è stata abolita e che quindi la marchesa De Luna li sfrutta senza vergogna, Lazzaro è un giovane di una bontà talmente disarmante da vincere il cinismo del giovane marchesino Tancredi, che con la madre si reca in visita alla proprietà. L’amicizia che nasce tra i due è però bruscamente interrotta dalla scoperta del Grande Inganno della marchesa e da un misterioso incidente da cui Lazzaro si “risveglia” quando tutto è cambiato. Per ritrovare Tancredi e i suoi amici di un tempo il giovane deve compiere un lungo viaggio verso la città, che si rivelerà un mondo più duro e un inganno ancora più grande di quello della marchesa…

Un racconto tra realismo e fiaba

Il nuovo film di Alice Rohrwacher (che a Cannes ha vinto il premio per la Miglior Sceneggiatura) è un racconto sospeso tra realismo nel ritrarre un mondo rurale fuori dal tempo e la dimensione della fiaba, incarnata dal suo protagonista, Lazzaro (molto convincente Adriano Tardiolo nell’interpretarne la disarmante bontà), che, come dice la stessa regista, “chiede allo spettatore di tornare innocente”.

Tornare all’innocenza

Lo chiede forse perché in questa storia dalla parte degli umili e dei buoni destinati ad essere perennemente ingannati e sfruttati (un po’ scontato il parallelo tra i contadini di inizio film e gli immigrati della seconda parte della storia) le forzature non mancano e certi meccanismi di racconto un po’ troppo prevedibili fanno sentire ancora di più la fatica di oltre due ore di film.
La sensibilità della Rohrwacher nel ritrarre la piccola comunità dei mezzadri è indubbia, così come la capacità di costruire una narrazione fatta di volti e piccoli gesti, mettendo in scena relazioni solo apparentemente semplici (in un certo senso ha ragione la cattiva marchesa a dire che i contadini sfruttati a loro volta sfruttano il povero e sempre disponibile Lazzaro). La forzatura di un isolamento inverosimile, però, chiede una sospensione dell’incredulità non sempre facile da mantenere tanto che in un certo senso è benvenuto il forzoso svelamento.

Una critica sociale trasparente ma scontata

Da un certo punto in avanti, poi, con il salto temporale dopo cui Lazzaro “risorge” e comincia ad esplorare un mondo cambiato (nell’apparenza ma non nella sostanza, come vedremo), l’intento di costruire una parabola laica (la religione, infatti, è invece dipinta come un ennesimo strumento di oppressione) è esibito. Lazzaro, un po’ san Francesco e un po’ Gesù che piange su una città indifferente e cerca invano di rimettere a posto le cose, è l’eroe di un racconto che procede solo a patto di accettare varie incongruenze.
La critica sociale trasparente (i contadini “salvati” e trasferiti in città restano comunque degli emarginati costretti a vivere di espedienti e ovviamente non mancano le banche cattive) però rende più scontata la seconda parte del racconto, che si regge sullo sguardo innocente e positivo del suo protagonista, destinato però a subire continue delusioni, fino al drammatico epilogo.

Luisa Cotta Ramosino

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