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Life, Animated


TITOLO ORIGINALE: Life, Animated
REGISTA: Roger Ross Williams
SCENEGGIATORE: Roger Ross Williams
PAESE: Usa
ANNO: 2016
DURATA: 92'
ATTORI: Jonathan Freeman, Gilbert Gottfried, Alan Rosenblatt, Owen Suskind, Ron Suskind
SCENE SENSIBILI: nessuna
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Owen Suskind è un bambino normale, vivace, curioso. Gioca, ride, scherza e ha una passione smodata per i cartoni Disney. Questo almeno fino ai 3 anni. Già perché è in quel preciso istante che Owen si spegne, diventa apatico, chiuso in se stesso, smette di parlare, di relazionarsi con gli altri. L’unica cosa che sembra rasserenarlo restano quei classici Disney che lui e la famiglia continuano a guardare quasi in una disperata ricerca di normalità. Ma Owen purtroppo è malato, affetto da autismo, un disturbo del neurosviluppo che porta alla totale compromissione dell’interazione sociale. Una malattia incurabile. Tutto sembra perduto, ma proprio i classici Disney saranno la chiave per tirare Owen fuori dalla prigione in cui la malattia l’ha segregato.

Il potere delle storie vere

“Write the Truth”, scrivere il vero, questo l’insegnamento cardine di uno dei maggiori teorici mondiali di drammaturgia, Robert McKee. E questo perché nessuna storia inventata potrà mai essere potente come la verità. E a ricordarcelo è questo toccante e profondo documentario tratto dall’omonimo libro del giornalista del New York Times Ron Suskind, premio Pulitzer e padre di Owen.

Un filo di Arianna per andare oltre l’autismo

Il film racconta per filo e per segno i primi 25 anni della vita di Owen, un ragazzo autistico che, come nella maggior parte dei casi, inizia a manifestare la malattia intorno ai tre anni. Ron, il padre, parla di quel momento come di un rapimento, come se qualcuno avesse portato via l’anima al suo piccolo lasciando solo il vuoto simulacro del corpo.
Inutile dire della disperazione di mamma, papà e fratello costretti a dividere la casa con una persona che non risponde più agli stimoli, con cui è impossibile avere una qualsiasi comunicazione. Poi il primo inatteso spiraglio. Un giorno mentre guardano La sirenetta, Owen blocca il videoregistratore e ripete una frase: “Solo la tua voce”. I famigliari sono alle stelle, erano mesi che non pronunciava parola e quella battuta non sembra nemmeno casuale, ma i medici la pensano diversamente. Spesso, spiegano, gli autistici ripetono senza capire il senso di ciò che dicono. Ed effettivamente a quel tentativo di comunicazione segue un lungo, nuovo silenzio. Ma dopo qualche anno ecco la seconda svolta, grazie alla marionetta di Jago, la spalla di Jafar, il cattivo di Aladdin, Ron riesce davvero a parlare con il figlio. E poco importa se Owen risponde solo usando frasi prese dai vari film Disney, il dialogo ha senso, è profondo. E così, proprio le battute dei film diventano il filo di Arianna per riportare a casa Owen, per tornare ad avere una relazione con lui, per capire cosa lo spaventa e lo costringe a nascondersi in un mondo fatto di poche e assolute certezze.
E così inizia la cura, il percorso di emancipazione, un percorso che porterà Owen a diplomarsi, a prendere la coraggiosa decisione di andare a vivere da solo, a coltivare l’amore per un’amica autistica. Ma niente happy end o semplificazioni. Il film ci mostra anche i fallimenti, le ricadute, le paure di genitori e fratello che non evitano di domandarsi che ne sarà di Owen quando loro non ci saranno più.

Il paladino degli “aiutanti perduti”

Ma la cosa che davvero spiazza è scoprire che Owen non è diverso da noi, è mosso dalle stesse paure, da identici desideri. Vorrebbe non dover soffrire, non accetta il dolore, l’ingiustizia. È davvero il paladino degli “aiutanti perduti”, la splendida storia scritta di suo pugno e che ha come protagonista un bambino spaventato e le spalle degli eroi Disney. Insomma quella di Owen è una favola vera come solo la vita sa essere, una favola che merita di essere raccontata e conosciuta da tutti.

Andrea Valagussa

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