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Momenti di trascurabile felicità


TITOLO ORIGINALE: Momento di trascurabile felicità
REGISTA: Daniele Luchetti
SCENEGGIATORE: Daniele Luchetti, Francesco Piccolo, dal libro di Francesco Piccolo
PAESE: Italia
ANNO: 2019
DURATA: 93'
ATTORI: Pif, Thony, Rena- to Carpentieri, Angelica Alleruzzo, Francesco Giammanco
SCENE SENSIBILI: nessuna
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Nella vita di ognuno ci sono piccole gioie proibite: per Paolo una di queste è attraversare ogni giorno con il motorino un incrocio nel momento esatto in cui sa che tutti i semafori sono rossi. Purtroppo un giorno sbaglia di mezzo secondo e in men che non si dica si ritrova in Cielo, dove i burocrati che smistano le anime si rendono conto, con loro enorme stupore, di aver commesso un errore nel calcolare il momento esatto della sua morte. Così Paolo può tornare sulla Terra, per vivere ancora quel che gli resta… e cioè un’ora e trentadue minuti.

Un momento prima di morire

La luce del frigo si spegne veramente quando lo chiudi? Perché il primo taxi non è mai quello in cima alla fila? Ma soprattutto: perché nei treni il martello frangivetro si trova dentro una teca di vetro? Se si avesse un oggetto con cui romperla, non sarebbe meglio usarlo per rompere direttamente il finestrino?
Sono questi gli ultimi pensieri di Paolo, un attimo prima di morire, quelle ingenue domande che tutti ci siamo fatti prima o poi nella vita e che Francesco Piccolo ha meravigliosamente raccolto in Momenti di trascurabile felicità (e nel suo sequel Momenti di trascurabile infelicità). La grande sfida che lui e Luchetti hanno dovuto affrontare per poter portare questa raccolta di aforismi e brevi racconti sullo schermo è stata quella di creargli una struttura narrativa che, pur rispettando la leggerezza originale dell’opera, gli desse la coerenza di una storia.

La tenerezza e nostalgia per i momenti quotidiani

Da questo nasce la figura di Paolo, di cui Pif è l’interprete perfetto: «un adorabile uomo medio» (come lo definisce la moglie), nei cui slanci e nei cui limiti tutti si possono identificare, a cui viene data l’occasione di vivere ancora un’ora e mezza della sua normalissima vita con la consapevolezza che sarà l’ultima. Il tema, ovviamente, non è la morte: questo espediente surreale (ma che poi tanto surreale non è) serve solo per caricare di tenerezza e nostalgia una manciata di momenti quotidiani e “trascurabili”, la cui bellezza spesso si perde, soffocata dagli impegni o semplicemente dalla noia della routine.
E se un’ora e trentadue sembra all’inizio un tempo assurdamente breve agli occhi di Paolo, pian piano si accorge con stupore (e noi con lui, dato che il tempo della storia corrisponde esattamente alla durata del film) che in realtà ci sta tutto: cercare con la moglie una sincerità che avevano perso da tempo, giocare con una figlia diventata adolescente troppo in fretta, guardare con gli amici un po’ della partita che potrebbe riportare il Palermo in Serie A. E, naturalmente, capire una volta per tutte come funziona la luce del frigorifero.

Una gratitudine per la vita così com’è

Gesti semplici e intervallati da lunghi flashback che, se hanno la controindicazione di appesantire un po’ il ritmo della storia, sono l’equivalente di quell’esame di coscienza che Paolo non era riuscito a fare prima di morire. E se per un attimo la consapevolezza delle proprie imperfezioni e infedeltà lo fa tremare («Non fate errori se vi dispiace così tanto… oppure perdonatevi!» gli dice molto saggiamente il burocrate/angelo custode che lo ha riaccompagnato sulla Terra), alla fine quello che predomina è un’immensa gratitudine per la vita esattamente così com’è.
È grazie a questo sentimento, così raro nel cinema contemporaneo, che si dimentica quasi subito un finale poco coerente e sottotono, e si esce dalla sala impazienti di vivere la propria ora e trentadue minuti. Indipendentemente da quanto essa possa durare.

Scegliere un film 2019

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