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Nr. 24


TITOLO ORIGINALE: Nr. 24
REGISTA: John Andreas Andersen
SCENEGGIATORE: Erlend Loe, Vibeke Idsøe
PAESE: Norvegia
ANNO: 2024
DURATA: 111'
ATTORI: Lisa Loven Kongsli, August Wittgenstein, Sjur Vatne Brean, Ines Høysæter Asserson
SCENE SENSIBILI: Numerose scene di violenza
1 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 51 vote, average: 4,00 out of 5

Numero 24 racconta la storia vera di Gunnar Sønsteby, uno dei più grandi eroi della Resistenza norvegese il quale, subito dopo l’invasione nazista nel suo paese, decide di unirsi alla lotta clandestina per riconquistare la libertà.

 

Resistere a ogni costo, ma a che prezzo?

Un war movie interessante e provocatorio, costruito attorno alla cornice piuttosto classica del protagonista ormai anziano che guarda indietro e ripercorre i momenti salienti della sua vita. All’inizio, infatti, Gunnar è ospite di una scuola superiore dove tiene una conferenza sulla sua esperienza come membro della Resistenza, mentre il suo racconto prende vita attraverso una serie di flashback.
L’alternanza tra passato e presente ci permette di conoscere due versioni di Gunnar. Nel presente, vediamo un uomo che fatica a fare i conti con le sue ferite più profonde, quasi come se volesse giustificare le sue azioni dietro il valore assoluto della libertà. Gli studenti, però, lo mettono subito alla prova, costringendolo a confrontarsi con le scelte estreme che ha compiuto e ponendogli interrogativi radicali: fino a che punto si è disposti a spingersi per conquistare la libertà? Si può giustificare la violenza in nome di questa libertà e riuscire a convivere con le sue conseguenze per tutta la vita?

Nel passato, invece, ci viene mostrato un Gunnar diverso, sicuro di sé, determinato a combattere senza lasciare alcun spazio a esitazioni, cedimenti o crisi morali. Pianifica ogni azione con estrema scrupolosità, risultando perfino glaciale e distante. In quegli anni così feroci, Gunnar mette in pausa la sua vita, focalizzandosi soltanto sulla conquista della libertà. Ci fa capire, senza troppi giri di parole, che all’epoca non avrebbe avuto il lusso di porsi quegli stessi interrogativi. La questione era un’altra, brutale e immediata: combattere per la libertà o accettare la morte. Per questo motivo, le conseguenze delle sue azioni non sembrano scuoterlo nel momento stesso in cui accadono, o meglio è lui stesso a decidere di non lasciarsi turbare, mettendo da parte ogni emozione in nome della lotta.

 

Il cassetto chiuso: una premessa narrativa potente

Le due versioni di Gunnar, quella del passato e quella del presente, sembrano quasi inconciliabili, eppure rappresentano la sua realtà. Alla fine della guerra, quando la vita torna alla normalità, Gunnar opta per la repressione, chiudendo il più triste capitolo della sua esistenza in quel quinto cassetto menzionato all’inizio del racconto: “Nella mia mente ci sono cinque cassetti. I tre più in alto li apro tutti i giorni. Il quarto lo apro ogni tanto. Il quinto invece l’ho chiuso l’8 maggio 1945.”

Il film, però, lo mette con le spalle al muro, creando una situazione in cui è inevitabilmente costretto a confrontarsi con i suoi demoni. Il dolore custodito in quel cassetto è troppo grande perché possa rimanere sigillato per sempre e infatti basta un nulla a spalancarlo di nuovo. Per Gunnar, quel momento arriva durante la conferenza con gli studenti. Quelle domande, quei dubbi, quelle scelte, giuste o sbagliate, tornano a scalfire la sua corazza.
Quando una ragazza tra il pubblico, parente dell’amico di vecchia data che Gunnar fu costretto a uccidere, gli chiede se lo conosceva e perché è stato ammazzato, il nostro protagonista capisce di non poter più una via di fuga e, finalmente, si lascia andare.

A questo punto, la metafora dei cinque cassetti assume il suo vero significato. Non è solo un’immagine evocativa, ma una chiave di lettura della sua storia. Fin dall’inizio, il film ci preannuncia che questa volta Gunnar, volente o nolente, dovrà aprire quel quinto cassetto. E così, le domande poste dai ragazzi nel presente non sono un semplice confronto del momento, ma diventano il riflesso del suo passato, un’eco che finalmente gli permette di guardarsi dentro.

 

Elisa Ricci

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