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Rapito


TITOLO ORIGINALE: Rapito
REGISTA: Marco Bellocchio
SCENEGGIATORE: Susanna Nicchiarelli e Marco Bellocchio
PAESE: Italia
ANNO: 2023
DURATA: 115'
ATTORI: Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Paolo Pierobon, Leonardo Maltese e Fabrizio Gifuni
SCENE SENSIBILI: nessuna
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1858: Edgardo Mortara, ebreo, è stato battezzato di nascosto da una domestica perché si pensava stesse per morire. Ora è cattolico a tutti gli effetti e la gendarmeria pontificia lo preleva con la forza perché Edgardo ha solo sette anni ma la sua famiglia pratica la religione ebraica.

La storia, oggi poco conosciuta, è veramente accaduta e all’epoca fu sui giornali di tutta Europa. Siamo nel 1858 a Bologna. Lì vive una famiglia ebraica numerosa, i Mortara. Salomone detto Momolo (Fausto Russo Alesi) è sposato con Marianna (una bravissima Barbara Ronchi): i loro figli conoscono le preghiere ebraiche a memoria e seguono le tradizioni familiari. Una notte, precisamente il 23 giugno 1858, per ordine di don Pier Gaetano Feletti (Fabrizio Gifuni) giudice del tribunale dell’Inquisizione, la gendarmeria pontificia rivendica il diritto di avere Edgardo, in quanto battezzato anni fa da una giovane domestica cattolica. E così il bambino di sette anni viene prelevato e condotto a Roma, nella Casa dei Catecumeni, dove trascorrerà il tempo con numerosi bambini che per i motivi più diversi studiano e abitano insieme, lontano dai genitori. Lì frequentano lezioni quotidiane sul Catechismo della Chiesa Cattolica e ricevono, anno dopo anno, tutti i sacramenti.
Edgardo (Enea Sala) è un bambino dell’Ottocento, ubbidiente, che si affida e si fida. Superato il primo impatto accetta docilmente l’educazione che gli viene impartita. Poi cresce e di quegli anni nel film sappiamo poco. Rivedremo Edgardo ormai adulto quando è già sacerdote (interpretato dal giovane Leonardo Maltese).

Un film controverso

Che quello di Bellocchio fosse un film difficile e potenzialmente controverso, era noto. Anche perché in film precedenti Bellocchio aveva già mostrato una sua personale insofferenza verso tutto ciò che è religioso, specialmente se cattolico. E in effetti, nonostante l’alta qualità della messa in scena e della recitazione, il film pone una serie di problemi assai seri proprio sulla aderenza ai fatti storici.
Qui di Edgardo adulto vengono messi in scena contrasti e tormenti che sono una pura invenzione di Bellocchio e della sua co-sceneggiatrice Susanna Nicchiarelli, perché il lungo memoriale che il quasi quarantenne Edgardo scrisse, e che Vittorio Messori pubblicò alcuni anni fa (Io il bambino ebreo rapito da Pio IX, Mondadori) non ne riporta alcuna traccia. Il bambino “rapito” da Pio IX visse quasi novant’anni come sacerdote cattolico, scegliendo il nome di Pio Maria, dedicandosi a un intenso lavoro di evangelizzazione (parlava una decina di lingue) che – diversamente da quanto affermato da Bellocchio nelle interviste – non fu affatto sterile, ma fu apprezzatissimo in diversi Paesi, tanto che Messori afferma che se non fosse scoppiata la seconda guerra mondiale si sarebbe probabilmente aperto per lui un processo di beatificazione.

Una serie di mistificazioni

Si tratta certamente di una vicenda nel complesso dolorosa, che scontò l’eccezionalità del caso (era vietato ai cattolici andare a servizio in famiglie ebree, anche per evitare conflitti come questo) e un non sufficiente rispetto del primato di una famiglia nell’educazione del figlio, anche su temi così cruciali come la fede e i sacramenti.
Ma una volta concesso questo, non si può non rilevare come in un’ampia serie di dettagli per nulla secondari Bellocchio e Nicchiarelli abbiano ampiamente inventato, o taciuto circostanze che avrebbero cambiato il tono e “ammorbidito” molto il conflitto fra la Chiesa cattolica e la famiglia Mortara. Per esempio, non viene citato il fatto che la proposta – più volte reiterata, per indicazione di Pio IX – dell’autorità ecclesiastica fu di far crescere il bambino in un collegio cattolico a Bologna, vicino alla famiglia, in modo che non perdesse il contatto con loro, cosa che fu rifiutata dai Mortara. Quando il piccolo Edgardo è a Roma, il film racconta che venne concesso un solo incontro con la famiglia, mentre nel suo memoriale Edgardo racconta che per un mese fu visitato tutti i giorni, finché i genitori rimasero a Roma.
Pio IX, che i cronisti dell’epoca descrivevano come bonario, affettuoso e ironico (girava spesso in città senza scorte e senza pompe), e che Edgardo raccontò come sempre molto affettuoso e premuroso nei suoi confronti, viene descritto come un uomo antipatico, tormentato e duro.
La povera domestica, che temendo per la possibile morte di Edgardo, lo battezzò, viene presentata nella prima scena mentre congeda un amante che esce dalla sua stanza: sono ovvie le implicazioni… E nel film le si fa dire che avrebbe rivelato il Battesimo per soldi, mentre invece Edgardo ne parla con gratitudine come di una ragazza buonissima, e racconta che rivelò il battesimo al suo confessore, per chiedere consiglio, quando un altro bambino dei Mortara era in pericolo di morte, e in questo secondo caso decise di non battezzarlo per evitare problemi poi insolubili… Fu poi il confessore che le chiese il permesso di parlare dell’avvenuto battesimo di Edgardo con i superiori, e da lì si mise poi in moto tutta la macchina… che portò a un conflitto amplificato dal fatto che la vicenda Mortara divenne un “caso internazionale” sfruttato a livello europeo per aizzare le borghesie laiche e la massoneria internazionale contro la Santa Sede.

Un esito rovesciato

Ma l’elenco delle falsificazioni potrebbe essere ancora molto lungo. Ci limitiamo a menzionare la più pesante, quella che chiude il film dando alla vicenda un esito opposto a quella che essa realmente ebbe. Bellocchio mette in scena un Edgardo che – nel celebre episodio del tentativo di buttare nel Tevere la salma di Pio IX fatto da un manipolo di facinorosi – inizialmente difende il feretro, poi improvvisamente, come se dal suo cuore una forza irresistibile sconfiggesse il suo Super-Io (quindi una costruzione fragile e imposta da fuori) si mette anche lui a cercare di buttare nel fiume il corpo di Pio IX…
Niente di più falso: così il quarantenne Mortara (che parlava di sé in terza persona) chiude il suo memoriale, parlando di Pio IX, “suo angelo tutelare, suo Padre protettore, al quale deve tutto, dopo che a Dio”: “Verrà un giorno, sì, e non è lontano, in cui, smettendo di ascoltare le calunnie e i crucifige della feccia dell’umanità, i posteri accoglieranno i poveri discorsi del bambino Mortara, per legarli a profumate ghirlande di fiori immortali, che orneranno e decoreranno l’altare sopra il quale la cattolicità saluterà, con acclamazioni entusiastiche, Pio IX, il santo”.

Armando Fumagalli

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