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Slam – Tutto per una ragazza


TITOLO ORIGINALE: Slam - Tutto per una ragazza
REGISTA: Andrea Molaioli
SCENEGGIATORE: Francesco Bruni, Ludovica Rampoldi, Andrea Molaioli dal romanzo di Nick Hornby
PAESE: Italia
ANNO: 2017
DURATA: 100'
ATTORI: Ludovico Tersigni, Barbara Ramella, Jasmine Trinca, Luca Marinelli, Pietro Ragusa
SCENE SENSIBILI: scene a contenuto sessuale e di nudo
1 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 5

Samuele, detto Sam, ha 16 anni e una grande passione, lo skate. Il suo mito è lo skater californiano Tony Hawk ed è a questo amico immaginario che confida i suoi sogni sul futuro e il desiderio di evitare gli errori di sua madre, rimasta incinta di lui a 16 anni. Poi un giorno Sam incontra Alice, figlia di amici pariolini della mamma. Tra i due inizia una storia a velocità alterne, ma a un certo punto Alice rimane incinta e tutti sono messi di fronte alle loro responsabilità e alle loro paure…

Nick Hornby a Roma

Molaioli, regista di mestiere che, dopo esperienze da aiuto regista di Nanni Moretti, esordì una decina di anni fa con La ragazza del lago, sorprendente escursione di genere noir nel cinema nostrano (anche in quel caso c’era dietro un romanzo straniero), per continuare con Il gioiellino, imperfetto quanto interessante tentativo di meditazione sul crack Parmalat, qui torna con un teen movie tratto da un romanzo di Nick Hornby.
Va detto che il passaggio dal proletariato inglese di Hornby alla borghesia romana (piccola o upper, il cinema italiano da qui non scappa) non riesce particolarmente fluido e finisce per smorzare parte dell’umorismo caustico dell’originale, ammorbidendolo in un tono simpatetico e vagamente isterico da medio cinema italiano. Il film, forse, soffre pure dell’inevitabile confronto con Piuma, che ricama su tema analogo di adolescenti alle prese con una gravidanza inaspettata, e resta l’impressione che il cinema italiano a corto di idee, quando decide di esplorarne una procede per coppie, come fanno gli americani con asteroidi e catastrofi naturali.

Poca originalità e verità scomode

Il film si regge soprattutto sulla simpatia del suo protagonista Ludovico Tersigni, che non avrà mille sfumature interpretative, ma di certo ama lo skate e non può non intenerire con l’aria di uno a cui il mondo finisce sempre per sbattere addosso.
Di fatto il suo è l’unico punto di vista che percepiamo anche sulla faccenda della gravidanza: Alice, la ragazza del titolo, resta un po’ un luogo comune della pariolina viziata, in rotta con i genitori e senza grandi prospettive, e la sua decisione di tenere il bambino è più il tentativo di dare un senso a un’adolescenza senza grandi sogni che una scelta consapevole.
Attorno si affollano i genitori, quelli ultra borghesi di Alice (il padre reagisce alla notizia telefonando immediatamente a un amico primario per provvedere a togliere l’impiccio) , e quelli giovanissimi di Sam: la mamma Jasmine Trinca, accudente quanto svagata (nel corso della storia riesce a rimanere incinta pure lei, non sapremo mai quando e come, del nuovo compagno rimorchiato al ristorante), e il padre Luca Marinelli, che nel poco spazio in scena regala al film autentici spazi di umorismo romano. Di fatto è l’unico che riesca a dare all’atmosfera un tocco di vera popolaresca autenticità e che nella sua rozza schiettezza dica poche cose sensate, e proprio per questo a volte spiacevoli, sull’argomento.

Un film di cui non si sente la necessità

Rispettando l’impostazione del libro, il film spedisce in un paio di occasioni il povero Sam nel futuro a contemplare le sue peggiori paure (un figlio che si chiama Ufo, una fidanzata sempre arrabbiata, un sacco di cose che dovrebbe saper fare e non sa, e via così…) ma il risultato finisce più che altro per confondere il pubblico, mentre la coda finale dà alla storia un sapore di “mucciniana” ipocrisia da adulti che mal si accorda ai personaggi che abbiamo visto in scena fino a quel momento.
Della scelta rivoluzionaria di due adolescenti di diventare genitori e prendersi le proprie responsabilità non si sentono molto né il peso né le ragioni, e il tutto si perde in una narrazione gradevole di cui però non si sentiva una particolare necessità.

Raffaele Chiarulli

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