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Sorry we missed you

Sorry we missed you


TITOLO ORIGINALE: Sorry we missed you
REGISTA: Ken Loach
SCENEGGIATORE: Paul Laverty
PAESE: UK/Francia/Belgio
ANNO: 2019
DURATA: 100'
ATTORI: Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor
SCENE SENSIBILI: qualche scena con qualche picco di drammaticità
1 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 51 vote, average: 5,00 out of 5

Newcastle. Ricky e Abbie, marito e moglie, corriere trasportatore e infermiera domiciliare, fanno quello che possono per mantenere la propria famiglia, ma dopo la crisi del 2008 la vita è diventata particolarmente dura. Il tempo da dedicare al lavoro finisce così per superare ampiamente quello da dedicare ai figli. Se ci si aggiunge anche l’assenza di tutela da parte dei datori di lavoro, gli orari assurdi, le richieste impossibili, ben si può comprendere come la vita di una famiglia “normale” si tramuti in breve tempo in un incubo insostenibile.

Un’acuta analisi sociale contemporanea

“Spiacenti, vi abbiamo mancato”, recita il messaggio che i corrieri domiciliari sono tenuti a lasciare nelle caselle di posta degli utenti che non riescono a raggiungere perché fuori casa. In effetti sono diversi gli elementi che sfuggono in questo docudrama contemporaneo; un aspetto però tutt’altro che sfuggente o appena abbozzato è il fatto che il dramma di oggi non sia tanto la disoccupazione, quanto l’avere un lavoro.
L’acuta analisi sociale contemporanea operata da Loach non fa sconti a nessuno: non alle istituzioni che regolano l’ambiente lavorativo anglosassone, smaccatamente schierate dalla parte dei datori di lavoro, e nemmeno a questi ultimi, che trattano i propri dipendenti alla stregua delle merci che vendono. Nemmeno i consumatori fanno una gran figura, nello specifico individui comuni che si vedono recapitare quotidianamente merci tramite corriere, e che spesso assumono atteggiamenti prepotenti e arroganti, dimentichi di trovarsi di fronte a padri di famiglia immersi nei loro stessi problemi.

Quando mettercela tutta non basta

Per queste ragioni Ricky si muove attraverso la città come in un campo minato, attento a non compiere mosse false che, causandogli un ritardo o una lamentela, verrebbero a costargli il posto di lavoro. La sua famiglia sembra sostenerlo. La dolcissima Abbie, con pazienza e devozione, è quotidiana testimone di una speranza possibile, per cui l’unione davvero fa la forza. I figli però sono adolescenti, immersi in piccole e grandi problematiche legate alla loro età, e non comprendono fino in fondo il sacrificio del padre, anzi. La foga che Rickie mette nel proprio lavoro gli fa perdere di vista le loro esigenze. Eppure lui ce la mette tutta, per essere un buon padre, oltre che un corriere efficiente.
Ma non c’è sforzo che tenga, se quella in cui si vive è una società gretta e disumana, incapace di solidarietà. Sbagliare, o chiedere un aiuto, non è ammesso. Difatti, alla prima, comprensibile e legittima, mancanza da parte del protagonista, è la società intera che sembra rivoltarglisi contro: il datore di lavoro che addebita a Ricky le spese generate dal giorno di permesso richiesto per motivi familiari e improrogabili, la banda di teppisti che lo prende a calci e pugni pur di rubargli merce e incasso, il figlio che finisce al commissariato, la figlia che gli nasconde le chiavi del furgone. Il tutto concentrato in un brevissimo lasso temporale. Ricky, vittima di un sistema contro cui è insensato lottare, accetta tutto, a testa bassa. Eppure all’orizzonte non sembra prospettarsi alcun premio di consolazione.

Esiste davvero la possibilità, per chi lavora, di scegliere di non fare il gioco dei potenti?

Non è giusto arrivare a chiedere tanto alla classe lavoratrice, anche se questo è il pegno da pagare per risollevarsi dalla crisi economica, sembra ricordare l’autore di questa vicenda. In ballo c’è molto di più di un bilancio da far quadrare. Questa non è la storia infatti di una famiglia in crisi in seguito alla rottura di un matrimonio, ma di una famiglia unita e consolidata, che rischia la rottura a causa dello strapotere che i datori di lavoro esercitano sul proletariato e della burocrazia che li spalleggia. Allo stesso tempo, drammaticamente, si insinua un altro interrogativo: esiste davvero la possibilità, per chi lavora, di scegliere di non fare il gioco dei potenti? Rickie, nell’ultima, disperata azione, ci suggerisce il contrario. Il dado è tratto e bisogna andare fino in fondo. Sperando di farcela.

Scegliere un film 2020

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