Superman – al secolo Clark Kent, giornalista del Daily Planet – ferma l’invasione del Jarhanpur da parte della Boravia. La sua iniziativa innesca la polemica: la Boravia è infatti alleata degli Stati Uniti, che considerano l’intervento nel Jarhanpur una guerra di liberazione dalla tirannia. Tra quanti nutrono dubbi c’è anche Lois Lane, che di Clark/Superman è collega e amante, al corrente della sua doppia identità. Della controversia approfitta il miliardario Lex Luthor, che si offre di eliminare il supereroe, ora che la sua intromissione nel conflitto fa di lui una potenziale minaccia.
Le origini di Superman sono date per conosciute: il racconto dell’invio sulla Terra del neonato Kal-El (questo il suo vero nome), che i genitori hanno voluto far sfuggire alla distruzione del pianeta Krypton, è affidato a poche didascalie d’apertura. Altrettanto vale per l’adozione del piccolo metaumano – così viene chiamata la specie sovrumana dotata di speciali poteri – da parte dei contadini Jonathan e Martha Kent, che gli danno nome Clark.
E nelle mani dello sceneggiatore e regista James Gunn, Superman/Kal-El/Clark Kent, già oggetto di svariate revisioni e interpretazioni simboliche, diviene un supereroe la cui erculea forza procede di pari passo con una mite dolcezza, più pronunciata che in altri adattamenti. Prima ancora che di abbattere il nemico, per lui si tratta di mettere in sicurezza quante più vite possibili, anche quella dell’animale più piccolo: un tratto che viene raccontato con garbata ironia, senza intento beffardo. Che un eroe impegnato in titanici duelli a suon di fracassosi fendenti sia anche comico può lasciare perplessi: ma non si tratta di ridicolizzare Superman, di negargli il suo eroismo. Semmai di mettersi in cerca del vero significato di quest’ultimo.
Del resto, il nuovo Superman non sarà goffo, ma non per questo è privo di limiti: ne è prova lo scompiglio provocato dal suo intervento in un complicato scacchiere bellico. È infatti tipico del cinema di Gunn (anche se con intenti e sfumature variabili) evidenziare tanto i poteri quanto i vistosi punti deboli dei suoi guerrieri. Anche i combattenti migliori possono combinare guai: saperlo riconoscere e accettare fa parte dell’eroismo. È anche a questo, oltre che all’amorevolezza del protagonista, che si deve una certa solare baldanza con cui viene raccontato il pur accanitissimo scontro con Lex Luthor.
Né parodia, né gloriosa epica: piuttosto una singolare commistione di registri (forse non troppo riuscita), escogitata per raccontare di un metaumano quanto mai simile all’umanità. Per l’esattezza – questo si evince dalla storia – simile all’umanità come dovrebbe essere: composta di persone dalle qualità più o meno valide, che non possono garantire di non fare mai alcun danno, ma la cui capacità di amore e quindi di sacrificio, al contrario delle loro circoscritte doti, è fatta per non conoscere limiti.
Qui sta l’eroismo: a modo suo – con sorrisi, fantasia sfrenata, grande sfoggio di scontri acrobatici e monumentali devastazioni – James Gunn sembra dirci che Superman, prima ancora che essere «super», è l’immagine dell’uomo autentico. In questo senso, ciascuno di noi porta in sé una traccia di lui: ognuno è chiamato ad essere «super».
Se poi si confrontano il protagonista e il suo nemico giurato Luthor, si intravedono perfino riferimenti teologici: fermo restando che di meri riferimenti si tratta, non di una chiave di lettura esaustiva dell’intero film.
Se tutto questo può essere colto senza troppa difficoltà, lo si deve ad alcune sequenze e dialoghi fortunatamente eloquenti. Difatti, le prolungate scene d’azione tendono a sospendere la storia, adombrandone il cuore pulsante a favore della mera pirotecnica. Al che si aggiungono un singolare ricorso all’umorismo, che può legittimamente sembrare eccentrico, e una riflessione politica sull’attuale instabilità delle relazioni internazionali. Riflessione che, alternata com’è a parti di estrosa immaginazione, lascia in dubbio su quanto il film sia o meno una metafora dell’attualità.
Se non altro, quest’ultimo Superman/Clark Kent riesce a farsi voler bene. La sua tempra non risiede nei suoi poteri. Fuor di metafora, l’eroismo non è questione di eccezionale talento: si tratta innanzitutto di tornare uomini.
Marco Maderna
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