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The Bling Ring


TITOLO ORIGINALE: The Bling Ring
REGISTA: Sofia Coppola
SCENEGGIATORE: Sofia Coppola
PAESE: USA
ANNO: 2013
DURATA: 90'
ATTORI: Emma Watson, Israel Broussard, Katie Chang, Taissa Farmiga
SCENE SENSIBILI: scene esplicite di consumo di droga.
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Los Angeles. Hollywood. Un gruppo di adolescenti s’intrufola senza problemi nelle abitazioni dei vip per “alleggerirli” di abiti, gioielli, orologi e scarpe. A spingerli non è una motivazione economica ma il solo desiderio di apparire come loro.

La realtà supera l’immaginazione, ma il film sfiora solo la superficie

Se non fosse davvero accaduto, non crederemmo un attimo ai fatti narrati dal film. Un gruppo di adolescenti che entra ed esce indisturbato dalle ville delle grandi star di Hollywood. Com’è possibile che queste lascino incustodite le loro case, i loro beni, i loro soldi? Com’è possibile che nessuno si renda conto immediatamente di essere stato vittima di furto? Eppure… la realtà a volte supera l’immaginazione.

Il film prende ispirazione da un articolo pubblicato su Vanity Fair nel marzo 2011. Quei ragazzi ossessionati da fama e vanità esistono davvero. Merito della Coppola è di aver individuato in questo fatto di cronaca lo spunto interessante per un film. Peccato che resti solo uno spunto, perché le potenzialità della storia rimangono del tutto inesplose. Il racconto, infatti, non va oltre la superficie, tra borse e intimo di pizzo. È un peccato che la Coppola non sia riuscita ad andare oltre le Louboutin e le Luis Vuitton per lavorare alla parte più interessante, ovvero la psicologia dei giovani personaggi.

Il vuoto dietro l’apparenza

Quello che incuriosisce, e allo stesso tempo inquieta tutti, è sapere cosa spinga ragazzini di famiglie benestanti a commettere crimini del genere in nome del puro apparire. Fossero stati spinti dal desiderio di arricchirsi, di fare soldi, la storia non avrebbe avuto alcun richiamo: d’incredibile interesse è quello che anima le loro menti, la loro sete di possesso, il voler apparire esattamente come le star. Eppure l’eccessiva attenzione a ripercorre la cronologia dei fatti (basta dare una lettura all’articolo di Vanity Fair per ritrovare praticamente l’ossatura e le battute della sceneggiatura), ha distolto l’attenzione dell’autrice dalla drammaturgia. The Bling Ring quasi non può essere considerato un film, non c’è struttura, né ritmo, né crescendo narrativo. Il tutto è basato solo sul continuo mostrare vestiti e gioielli, che man mano aumentano di numero, come le visite notturne alle ville, le serate in discoteca e la coca da sniffare…

Ecco perché dopo la terza scena di furto è legittimo chiedersi quando cominci il film. Invece la situazione non cambia fino alla fine: è un continuo entrare e uscire da incredibili cabine armadio.

L’ossessione di una generazione frivola e incomprensibile

Questa ripetitività delle scene e la mancanza di profondità dei personaggi provocano una completa assenza di coinvolgimento nello spettatore, che difficilmente riesce a empatizzare con un sedicenne a cui non manca nulla e che non fa altro che pensare, parlare e guardare stoffe e gingilli come fossero fondamentali per vivere. I ragazzi non sono allora un interessante spunto per capire a quale paradosso può portare l’attuale ossessione per l’apparire, ma solo dei burattini frivoli, malati e antipatici.

Prova ne sia il fatto che quando, alla fine del film, una delle protagoniste, la Watson, è seguita da una troupe televisiva perché la sua vicenda giudiziaria diventi un reality, è difficile, se non impossibile, coglierne la critica. Le azioni e le battute dei personaggi sono incomprensibili anche se “fedeli” alla cronaca.

Probabilmente la causa di tutto questo è da ricercare anche nel compiacimento con cui la regista sembra raccontare la storia. Tra i locali in voga a Hollywood, le boutique più esclusive, le centinaia di scarpe glitterate, la Coppola sembra quasi “sguazzare”. Che siano troppo parte della sua esperienza di vita per prenderne le dovute distanze?

Scegliere un film 2014

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