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Un figlio di nome Erasmus

Un figlio di nome Erasmus


TITOLO ORIGINALE: Un figlio di nome Erasmus
REGISTA: Alberto Ferrari
SCENEGGIATORE: Alberto Ferrari e Gianluca Ansanelli
PAESE: Italia
ANNO: 2020
DURATA: 104'
ATTORI: Ricky Memphis, Daniele Liotti, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu
SCENE SENSIBILI: baci omossessuali, numerose scene a contenuto volgare
1 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 51 vote, average: 2,00 out of 5

A vent’anni dall’Erasmus in Portogallo quattro amici scoprono che la ragazza che tutti avevano frequentato all’epoca ha avuto un figlio che potrebbe essere di uno di loro. Lei è morta, ma potrebbero incontrare il figlio e così i quattro si mettono in viaggio con Alice, una ragazza del posto che farà loro da guida in un viaggio in cui ognuno dovrà fare i conti con le proprie scelte e la propria vita.

Mamma via al maschile

Parte con la dote di un cast di volti noti e amati (anche e soprattutto a livello televisivo) la commedia on the road di Alberto Ferrari che gioca da una parte sul filo del ricordo (i “bei tempi” dello studio – poco – e delle follie – tante -) e dall’altra su quello di una provvidenziale occasione di rimettere in discussione una vita impantanata da scelte sbagliate o tradimenti della propria vocazione.
E così, in un ventaglio francamente un po’ prevedibile, ecco il prete bacchettone, l’architetto vessato dal futuro suocero buzzurro, l’adolescente mai cresciuto, l’impresario musicale frustrato dal trapper maleducato, ex compagni di università uniti dall’amore per la portoghese spirito libero.
Se il figlio di incerta paternità deve molto al fortunato Mamma mia qui l’accento è posto invece sui potenziali padri che hanno preso strade diverse ma sono ognuno a modo suo rimasti incagliati in una vita che allo spettatore viene mostrata come un tradimento degli ideali di gioventù.

Una storia superficiale e molto scontata

In assoluto non una cattiva idea se non fosse svolta secondo binari scontatissimi e con una comicità a volte davvero greve, ma più spesso solo banale. L’inverosimiglianza di molti passaggi, che sembrano destinati solo a portare avanti questo viaggio sull’onda del ricordo, produce così una serie di episodi e stazioni improbabili che poco aggiungono allo sviluppo dei personaggi e in cui i momenti di verità si perdono nel gusto per l’eccesso e qualche momento di gratuita volgarità.
E quindi ovviamente la “liberazione” passa nel caso del sacerdote per un bagno nella modernità, mentre gli altri dovranno ognuno trovare il coraggio di mandare all’aria una vita “comoda” (peccato che sia talmente orribile che non si vede perché non lo abbiano fatto prima). Fa eccezione forse il personaggio di Luca Bizzarri che pur con qualche eccessiva semplificazione regala qualche momento di autentica emozione…
Dispiace pensare che non si potesse fare di meglio, lavorando più di fino sui personaggi e sulle loro storie per sfruttare uno spunto interessante regalando al pubblico un divertimento meno grossolano.

Scegliere un film 2020

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