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Un sacchetto di biglie


TITOLO ORIGINALE: Un Sac de Bille
REGISTA: Christian Duguay
SCENEGGIATORE: Jonathan Allouche, Alexandra Geismar, Benoît Guichard
PAESE: Francia
ANNO: 2017
DURATA: 110'
ATTORI: Dorian Le Clech, Batyste Fleurial, Patrick Bruel, Elsa Zylberstein.
SCENE SENSIBILI: alcune scene di tensione e violenza.
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Joseph e Maurice Joffo, due fratelli ebrei figli di un barbiere nella Parigi della Seconda Guerra Mondiale, sono costretti a separarsi dalla famiglia per fuggire dalla minaccia dei nazisti, che stanno rastrellando la Francia occupata alla ricerca di ebrei da spedire nei campi di concentramento. Prima della partenza, il padre Roman li “addestra” a mentire sulla loro appartenenza religiosa: non dovranno mai rivelare a nessuno di essere ebrei. Nel loro viaggio verso la terra libera francese, Joseph e Maurice si troveranno davanti al costante pericolo di essere scoperti e condannati, ma incontreranno anche inattesi aiutanti. I due fratelli si aiuteranno a vicenda, confidando fino all’ultimo nella possibilità di ricongiungersi con la famiglia.

Il secondo adattamento cinematografico della storia dei fratelli Joffo

Un sac de billes, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Joseph Joffo, uscito nel 1973 e diventato un successo editoriale in tutto il mondo, arriva in Italia con un anno di ritardo rispetto all’uscita francese. In questo secondo adattamento cinematografico (il primo, del 1975, portava la firma di Jacques Doillon) Christian Duguay, già regista di Belle & Sebastien 2, dirige sapientemente i due bambini protagonisti, Dorian Le Clech e Batyste Fleurial. A loro è affidato il compito non facile, ma ben eseguito, di rappresentare i due fratelli in fuga, conservandone l’innocenza propria dell’età ma rappresentando anche la consapevolezza del pericolo e del male da cui stanno scappando.

La forza dei legami famigliari

Il film racconta in modo delicato e commovente il rapporto tra i due fratelli, che si sostengono a vicenda lungo il viaggio con gran complicità e intensa fiducia l’uno verso l’altro. Questa compagnia permette loro di non perdere mai la speranza anche in mezzo ad una situazione tragica. Spiccano le due figure di Roman e Anna, i genitori dei ragazzi. Nonostante il dolore e la paura, si mostrano saldi e fiduciosi con i figli e il loro affetto, il desiderio di proteggere e portare la famiglia al sicuro, muove i ragazzi nel loro viaggio anche a distanza. Il racconto dei legami familiari emerge con potenza in tutto il film ed è il punto fermo dei ragazzi, ciò che permette loro di affrontare l’ignoto, che li responsabilizza e che permette anche di confidare nell’umanità di persone sconosciute che prestano loro aiuto. La speranza nella possibilità che la famiglia possa salvarsi e ricongiungersi non viene mai meno.
Il film si concentra sulla capacità di resistenza dei due bambini di fronte alla fatica e alle situazioni sempre più difficoltose. Ogni tappa del viaggio mette in luce una nuova sfaccettatura di questa resilienza, che scaturisce principalmente dalla forza del legame fraterno.
La tensione però si spegne a tratti, in momenti in cui la famiglia riesce a ricongiungersi per brevi periodi o quando i ragazzi riescono a stabilirsi in un luogo per un certo tempo. Questo dà purtroppo la sensazione di un andamento un po’ episodico, “a tappe”, anche se non sminuisce i meriti sottolineati.

Il potere di rivelarsi

Il film tra l’altro fa affiorare un tipo di persecuzione ulteriore rispetto al dover lasciare la propria casa e al dover stare lontani dai propri cari. Nel corso della fuga i ragazzi devono nascondere la loro identità, la loro appartenenza religiosa, mentendo sulle loro origini e il loro passato. Solo la fine della guerra permetterà loro di rivelarsi. La liberazione dal nazismo passa anche dalla possibilità di Joseph di poter dire a voce alta, di fronte a tutti, di essere ebreo e questa rivelazione gli permetterà persino di salvare dalla furia dei partigiani la famiglia sostenitrice del nazismo che lo ha accolto senza sapere chi fosse realmente. Con questo gesto, Joseph mette da parte il rancore e apre la possibilità di accogliere chi ha assecondato la violenza.

Jessica Quacquarelli

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